LIBERAMENTELIBRANDO Lettere ai "cattivi". | Page 15
gono, creano disaffezione verso lo Stato, malcontento; e
inducono, prima o poi, alla sedizione. Poteva Cesare
Ottaviano volere ciò? No di certo! E allora moralizzazione a
ogni costo, a cominciare dagli “intoccabili”; così che i futuri quadri dirigenti sapessero in che modo comportarsi e che
il popolo potesse vedere, in ciò, il senso di giustizia da cui
era animato il PRINCEPS!
E in quel momento chi era, a Roma, il maggior rappresentante della licenziosità, della dissolutezza, dell’inverecondia? Chi era il più ammirato e anche invidiato personaggio
della Roma aristocratica, raffinata, colta, la quale viveva più
di notte che di giorno, tra gozzoviglie e festini più o meno
osceni? Chi era il maestro riconosciuto, il vate, la guida del
“popolo della notte” dell’Urbe, se non l’autore dell’ARS
AMANDI? E allora «dagli all’untore!», addosso a chi andava
propagando a tutto spiano il pestifero morbo dell’indecenza, APERTIS VERBIS e senza il minimo ritegno. Perciò via
Publio Ovidio Nasone via il “contagio”. Così tutti avrebbero visto che il buon Ottaviano, quando si trattava di passare la striglia, non faceva sconti a nessuno, nobile o plebeo
che fosse, ricco o povero, esteta o zoticone.
L’immagine dello Stato severo con i reprobi, paterno con
i meritevoli e quindi credibile perché sempre imparziale e
presente era salva, e chi lo rappresentava era più che mai
saldo sul trono. E soprattutto era salvo il decoro della famiglia imperiale, sempre che sia vera la faccenda della figlia o
nipote di Augusto.
Sai quanti nemici del Divo sarebbero stati ben lieti di
ascoltare (pagandoti lautamente, o blandendoti in ogni possibile modo) le tue piccanti confidenze intorno a quel caso?
Più di una battaglia politica è stata vinta grazie a questioni
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