LIBERAMENTELIBRANDO La licenza | Page 15

A sedici anni aveva cominciato a lavorare come apprendista nella bottega di Zì Domenico,1 il sarto più bravo del paese. Così si usava allora. I giovani volenterosi si mettevano al seguito di un artigiano e ne imparavano il mestiere; e dopo qualche anno, se avevano imparato bene l’arte del Mastro, potevano aprire bottega per conto proprio e avere pane e companatico. Lui, che di volontà ne aveva avuta sempre tanta, era così riuscito a metter su un piccolo laboratorio nel giro di poco tempo. Poi si era sposato, e se non fosse stato per la malasorte avrebbe potuto vivere felicemente. Eh!... quando una cosa deve andare storta!... hai voglia a fare! I tempi erano cambiati: c’era stata la guerra, che si era lasciate dietro distruzione, miseria nera e disperazione. La gente, che se prima era povera sì, ma riusciva pure a tirare avanti in un modo o nell’altro, era diventata talmente disperata che non era raro vedere, per le viuzze del paese, segnate in più punti da lunghi rivoli di urina disseccata e puzzolente, gruppi di persone che si contendevano animosamente un tozzo di pane ammuffito o una crosta di cacio, gettati via dalle finestre di quelle due o tre case di signori che stavano pure lì. Eh! La guerra c’era stata per chi c’era stata! Così accadeva, come sempre, che ci stava chi si abbottava come un rospo2 e chi crepava di fame. Ma il mondo era andato sempre così: una volta a te e l’altra pure. Chi ci rimetteva era il pover’uomo. 1 - L’uso dell’appellativo”Zì” e”Zà” (=Zio e Zia) è ancora vitale in Abruzzo. Esso viene impiegato per rivolgersi a una persona anziana e corrisponde a”Signor” e”Signora”. 2 - Chi si gonfiava come un rospo. 14