togliere voti alle altre liste; così alla fine al Comune venivano eletti consiglieri di opposizione per modo di dire).
Quelli, a sentire quell’ira di Dio, si erano comportati
come sempre, in quelle occasioni: avevano chinato il
capo e aspettato con santa pazienza che la buriana passasse. Qualcuno più audace si era limitato a stirare le
labbra in una specie di sorriso, chiudendo nello stesso
tempo gli occhi, alzando le sopracciglia e rinfossando la
testa tra le spalle come le tartarughe, quasi a dire: «Eh!...
che gli vuoi fare? Comanda lui!»
A questo punto non ci aveva visto più e alzatosi di
scatto dal posto suo aveva cantato chiaro e tondo a tutti
quanti quello che aveva in corpo, aggiungendo che preferiva rinunciare all’incarico di consigliere, piuttosto che
dover accettare zitto e quieto le decisioni di uno solo. Era
poi schizzato via come una furia, dicendo che lui non era
una pecora che si porta a cavezza. Dopo quella sfuriata
gli altri consiglieri avevano preso a evitarlo come se avesse la rogna canina. E ce n’era voluto di tempo, prima che
tornassero a fargli motto! Ma del resto non gli era importato granché del saluto di persone che agivano o non agivano in una maniera o nell’altra a seconda di come girava il vento. Quello che gli aveva dato fastidio, invece, era
stato vedere come fosse diventato difficile vivere in paese
per uno che ragionava con la testa sua.
Ma tornando al presente e alla faccenda che gli stava
a cuore, contava di poter riuscire a ottenere la