Era vero che qualche anno prima aveva avuto da ridire con quelli che stavano nel Comune e in maniera particolare con il sindaco, ma era altrettanto vero che con
l’atteggiamento tenuto in quella circostanza aveva fatto
un favore a don Mimì, che non tollerava osservazioni da
parte di nessuno su come lui faceva la politica e cercava
di sbarazzarsi di chi pensava con la testa sua. Per questo
il giorno che lui in Consiglio si era permesso di esprimere un giudizio diverso da quello che avrebbero dovuto
avere tutti gli aveva detto, fulminandolo con lo sguardo:
«Senti, Sistì,1 se non ti va bene come decido io te ne puoi
andare!»
In un primo momento lui, sbalordito da così tanta
arroganza, era rimasto come un baccalà e non aveva
saputo che rispondere; poi, superato l’attimo di smarrimento, era diventato rosso per la rabbia e aveva detto a
quel prepotente quello che aveva detto! Ma l’indignazione era diventata incontenibile quando “gnore sìneche”,2
offendendolo pesantemente e minacciando di farlo
andare carcerato, aveva gridato che lì comandava lui e
che avrebbe rovinato chiunque si fosse permesso di contraddirlo. L’indignazione poi si era mutata in profondo
disprezzo quando aveva rivolto lo sguardo agli altri consiglieri (tutti dello stesso partito, perché a don Mimì
avrebbe dato fastidio la presenza in Consiglio anche di
un solo rappresentante dell’opposizione. Ecco perché
ogni volta che c’erano le elezioni faceva presentare una
piccola lista di disturbo, che aveva il preciso scopo di
1 - Vocativo di Sistino.
2 - Il signor sindaco.
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