LA CIVETTA December 2018 | Page 33

INTERVISTA CON ELISA FLAMINIA INNO, REGISTA DEL FILM PAGANI

Elisa Flaminia Inno è un’autrice, una produttrice e una regista. Laureata al DAMS di Roma Tre, nel 2005 ottiene la qualifica di Operatore di Ripresa e di Montaggio e nel 2009 viene selezionata dall’INIS (Istitut National de l’Image et du Son) di Montréal per quanto riguarda la regia documentaria. Nel 2014 si specializza inoltre in co-produzione internazionale del documentario a Roma.

ARTE E CULTURA

presente negli affreschi di Pompei e di Ercolano. Attraverso il tamburo circolare e il cerchio che i devoti formano per ricreare questa comunità e che invoca l’arrivo di questa presenza femminile chiamata da noi oggi Madonna e dagli antichi Cibele, Demetra e in tanti altri modi che invocavano la grande madre, si provoca uno stato di trance, un cambiamento di stato. Tale mutamento ti permette di ricongiungerti al tuo stato primordiale di essere umano. Dalla musica scaturisce una danza di incontro tra due persone e questo simbolo archetipico dell’unione tra due esseri umani è uno dei punti principali della resistenza al capitalismo, perché è proprio l’incontro ad opporsi all’isolamento capitalista ed è dall’incontro di due persone che nasce simbolicamente la vita.

Perché tra tanti culti hai scelto quello della Madonna delle galline?

Un po’ per destino, un artista di Pagani mi ha dato la possibilità di vivere in questo posto e vivere questo culto. Poi perché a Pagani c’è il culto più acceso di tutti, perché la religione cristiana lo ha inglobato in sé.

Quali caratteristiche di Napoli, della mentalità napoletana e dell’anima napoletana vengono descritte nei film proposti in questo festival da parte dell’Arci Movie?

L’anima napoletana è difficile da descrivere perché è una realtà che cambia continuamente; tra due anni sarà diversa da com’è oggi. L’arte napoletana in questa fase sta raccontando questa trasformazione. Napoli in questa fase è piena di turisti, abbiamo un sindaco che fa parlare di sé. Al centro di questo discorso c’è il cinema che racconta la napoletanità in maniera nuova.

Un esempio tra tanti è quello del film d’animazione La Gatta Cenerentola: nonostante vi sia per lo più una tradizione di fumettisti nel capoluogo partenopeo, improvvisamente è proprio qui che nasce il cinema d’animazione italiano che si impone in tutto il mondo e che riformula la napoletanità nella chiave dell’animazione. Un altro film invece come Ammore e Malavita descrive una Napoli figlia di Gomorra ma anche di Tarantino perché parte da un substrato culturale che è quello di Saviano per poi parodizzarlo alla maniera di Tarantino, e la napoletanità si riversa nella nuova forma del musical, altro genere non più molto popolare in Italia che viene riproposto dalla città di Napoli. Napoli Velata, un altro film napoletano, è incentrato su un luogo comune, però è un film che allo stesso tempo sfugge al classico luogo comune perché fatto da un regista non napoletano che vede Napoli da una prospettiva diversa. Le immagini del centro storico sono diverse perché viste dagli occhi di un regista italo-turco che offre una visione meno barocca di Napoli. La napoletanità è difficile da identificare, è qualcosa che cambia molto e questo è al tempo stesso un punto di debolezza e un punto di forza. Il cinema napoletano di questo periodo ha intercettato questo continuo mutamento e lo sta raccontando. Anche registi on napoletani lo stanno facendo. Il mondo sta percependo questi piccoli segnali. Di sicuro tra Napoli e Cardiff si è costruito un “ponte”, una collaborazione destinata a durare nei prossimi anni.

Photo taken from: https://www.informazionesenzafiltro.it/piu-alti-che-bassi-nei-quartieri-spagnoli/