LA CIVETTA December 2017 | Page 32

Referendum autonomistico Lombardia-Veneto

OPINIONI

Il 22 ottobre, nella prima e terza regione d’Italia per PIL, si è svolto un referendum consultivo volto ad attribuire a Lombardia e Veneto maggiori margini di autonomia; il quesito referendario così recita nella versione più riassuntiva adottata da Venezia: “Vuoi che alla regione … siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?”.

In Lombardia l’affluenza alle urne è stata del 38,34%, dove il 95,29% dei votanti ha avallato la richiesta referendaria. In Veneto invece la percentuale di aventi diritto di voto che si è presentata ai seggi elettorali è stata del 57,2%, superando così il vincolo del quorum (richiesto unicamente nella Regione Veneto), i voti a favore sono il 98,1% del totale. Si tratta di una vittoria schiacciante in ambedue le regioni.

Ora cosa succederà? Il governatore della Regione Veneto, Luca Zaia, ha detto che chiederà al governo centrale di attribuire, alla regione che amministra, lo Statuto speciale, il quale fornisce ampi margini di autonomia in materia legislativa, amministrativa e finanziaria. Roberto Maroni, presidente della Regione Lombardia, si allinea solo parzialmente alle richieste di Zaia, sostenendo che chiederà a Roma di poter gestire unicamente le ventitré materie trasferibili dallo Stato alla Regione, in conformità all’articolo 116 della Costituzione, rimanendo però all’interno della compagine nazionale; le materie in questione sono: rapporti internazionali, commercio estero, tutela e sicurezza lavoro, istruzione (escluse le istituzioni scolastiche), professioni, ricerca scientifica, tutela della salute, alimentazione, ordinamento sportivo, protezione civile, governo del territorio, porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione, ordinamento della comunicazione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, previdenza, coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, valorizzazione dei beni culturali e ambientali, casse di risparmio, enti di credito fondiario; oltre a queste venti si possono richiedere ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia per quel che riguarda le materie di competenza esclusiva dello Stato: organizzazione della giustizia (solo giudici di pace), norme generali sull’istruzione, tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

Abbandonando gli aspetti tecnici, credo sia importante focalizzarsi sulle motivazioni sociali e culturali che hanno spinto i cittadini, e conseguentemente i governatori, di Regione Lombardia e Regione Veneto ad indire questo referendum. La ragione principale è indubbiamente l’insofferenza verso le regioni meridionali, identificate dal Nord come delle usurpatricit di risorse economiche prodotte dalle laboriose regioni settentrionali, nonché causa di tutti i mali dell’Italia: il lassismo, la corruzione, la Mafia, il nepotismo, il favoritismo, il malaffare, l’indolenza, la sregolatezza e gli sprechi. Non è un caso che i presidenti delle regioni che hanno indetto i referendum appartengano alla Lega Nord, un partito fondato da Umberto Bossi nel 1991, la cui finalità delle origini era la secessione, quindi l’indipendenza, delle regioni del nord Italia dall’Italia; oggi il partito, con la leadership di Matteo Salvini è completamente mutato, divenendo un partito di destra populista che si rivolge all’Italia intera, alla cui critica del meridione ha sostituito la critica all’Unione Europea e che pertanto alle elezioni nazionali del 2018 si presenterà esclusivamente con il nome di Lega, abolendo la parola Nord; è però indubbio che i principi cardine restino cari soprattutto agli storici sostenitori del partito, i quali compongono tutt’oggi la maggioranza degli elettori leghisti.

Gli abitanti del nord Italia e nello specifico del Veneto e della Lombardia, certamente però non hanno tutti i torti quando rimproverano i loro connazionali meridionali. Basti tenere presente che la Regione Sicilia, una delle attuali cinque regioni a statuto speciale e l’unica di queste cinque che può trattenere il 100% dei tributi erariali spreca talmente tanti soldi che con questi si potrebbe costruire un Ponte sullo Stretto ogni cinque anni! In Sicilia lavorano ventiduemila guardie forestali, in Calabria diecimila cinquecento, mentre in Canada, dove l’estensione delle foreste è pari a oltre quattrocentomila chilometri quadrati ne lavorano unicamente quattromiladuecento. Secondo la Corte dei Conti la Regione Sicilia è la più costosa d’Europa. Un dossier presentato dal partito dei Verdi in Campania sostiene che il 70% degli assunti tramite le agenzie interinali negli ospedali è parente di infermieri, amministrativi e medici degli ospedali o asl dove lavorano. Da queste inchieste esce un ritratto disarmante che sottolinea quanto la questione meridionale sia ancora attuale, dato che, accanto a questi sprechi si registra una condizione socio economica devastante, con la Regione Calabria che detiene il maggior tasso di disoccupazione giovanile d’Europa, il 58.7%. In generale il divario economico tra Nord e Sud Italia è lampante e non accenna ad indietreggiare. Ciò nonostante sarebbe fazioso e profondamente ingiusto dipingere tutto il meridione come un’area geopolitica dove il rispetto delle leggi e delle norme civiche sia completamente assente o, invece, unicamente presente nelle regioni del Nord Italia.

Un’altra ragione per cui il referendum consultivo ha avuto un tale successo in entrambe le regioni è riconducibile alla storica frammentazione politica e identitaria dell’Italia, la quale è presente e sentita in tutte le regioni italiane, ma in particolare in Sardegna, Veneto e Campania, dove in tutte e tre le regioni esistono partiti e movimenti politici che inneggiano all’indipendenza