Una breve riflessione da parte del Direttore
@margueritabchoy via Twitter
OPINIONI
Quello che avete letto non è un articolo leggero come il suo titolo, invece, poteva far presagire, e porta alla luce un problema in cui si sono imbattute diverse studentesse inglesi in Italia.
Vorrei, tuttavia, precisare che queste sono cose che possono accadere ovunque nel mondo. L’esotismo, intenso come diverso, straniero, ha sempre attratto ed incuriosito. Per questo motivo le donne che, da straniere, si trovano in un’altra nazione, suscitano spesso più attenzioni e, purtroppo a volte, anche molestie. Ciò è accaduto un paio di volte persino a me e ad alcune amiche in Inghilterra. I ragazzi che ci hanno importunate probabilmente sono stati facilitati da un minor timore delle conseguenze, dato che sapevano che eravamo solo di passaggio. Forse la nostra nazionalità ci faceva apparire, a causa degli stereotipi associati alle donne mediterranee e latine, più passionali e sensuali. Alla luce di ciò, non credo esista al mondo una nazione in cui il maschilismo sia stato completamente eradicato. Quando ho letto la parte dell’articolo in cui Katherine dice di essersi sentita deprivata del suo corpo, mi è tornata alla mente l’immagine del “padre padrone” che caratterizza il sistema patriarcale. Un’immagine che dovrebbe appartenere al passato, a quando la donna non era padrona di se stessa e il suo padrone, sin dalla nascita, era suo padre, che poi passava il testimone a suo genero. Nonostante oggi molte cose siano cambiate, questa idea ancora persiste nella società in cui viviamo. Basta vedere la quantità di casi di violenze domestiche sulle donne in Europa (http://www.huffingtonpost.it/2014/03/05/violenza-donne-europa_n_4902055.html) , dove l’incidenza è persino maggiore nei paesi del nord rispetto a quelli del sud, tradizionalmente associati a situazioni di maggiore inegualità tra uomo e donna. Anche il “ciao bella” dei paesi anglofoni, è un problema abbastanza diffuso, persino nella cosmopolita e moderna New York City, come il video (che tre anni fa riscosse un forte clamore sui social network) “10 hours walking in New York City as a woman” ha dimostrato (https://www.youtube.com/watch?v=b1XGPvbWn0A).
Ovviamente, l’articolo di Katherine si concentra sulla situazione in Italia e sulle esperienze personali della scrittrice. Io mi auguro che la sua lettura faccia riflettere su quelli che sono gli abusi che le donne devono sopportare durante la loro esistenza, e che dia un input positivo contro il "cat calling", in Italia come nel resto del mondo.
Concludo ricordandovi che nulla può giustificare una molestia, a prescindere dal fatto che questa sia fisica o verbale: né le differenze culturali, né i vestiti indossati, né una differente prossemica; altrimenti cadremmo nel "victim blaming" (di cui, tra l’altro, abbiamo parlato nell’articolo precedente, scritto da Ellie Hill), un altro fenomeno contemporaneo che ci fa capire quanto ancora siamo lontani dal vivere in una società davvero egualitaria.
- Sara Bochicchio