LA CIVETTA - April 2020 | Page 35

Quando l’intento del conduttore sembrava proprio dover essere quello di mettere al centro le donne, scegliendo una carrellata di ragazze ad assisterlo nella co-presentazione, il risultato è stato invece retrogrado e deludente: era come se ancora una volta il valore del genere femminile risiedesse unicamente nella bellezza e nella capacità di stare “un passo indietro” agli uomini. Si è trattato di parole forti che la società italiana sembra non essere più disposta a perdonare.

Rula Jebreal, la giornalista dalle “parole urgenti”

L’accento femminista si è poi sicuramente palesato nel potente monologo di Rula Jebreal, la giornalista palestinese salita sul palco per comunicare quelle cosiddette “parole urgenti”.

“Lei aveva la biancheria intima quella sera?”

“Si ricorda di aver cercato su internet il nome di un anticoncezionale quella mattina?”

“Se le donne non vogliono essere stuprate devono smetterla di vestirsi da poco di buono”.

Sono queste le domande che una vittima di stupro si può aspettare in un tribunale. Come se il modo di vestire fosse un’istigazione alla violenza, come se la libertà di espressione non fosse concessa. La giornalista ha poi commosso il pubblico rivelando gli orrori del suo passato: la tragica storia di sua madre violentata da un uomo che abitava le sue stesse pareti, portata al limite del sopportabile al punto da togliersi brutalmente la vita lasciandosi spegnere tra le fiamme. Si tratta di realtà più comuni di quanto pensiamo. I numeri in Italia sono impressionanti: negli ultimi due anni in media 88 donne al giorno hanno subito abusi, il che vale a dire una ogni quarto d’ora.

ARTE E CULTURA

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