LA CIVETTA - April 2020 | Page 36

La Jebreal ha poi concluso ricollegandosi a una delle tradizioni del Festival: la temibile scalinata dalla quale si accede al palco, da sempre considerata una sorta di passerella, una prova alla quale ogni donna dotata di tacco si sottopone, non con poche difficoltà. E va da sé che gli occhi dell’intera nazione sono puntati proprio là: "Come era vestita la presentatrice? Che tacchi portava la cantante?" Lecite curiosità e pettegolezzi scatenati dagli appariscenti indumenti che si sfoggiano in un’occasione di tale importanza. La ragazza palestinese ammette di aver scelto il suo vestito migliore e trova normale che il Paese intero ne parli, ma la sua richiesta è una sola: che non si chieda mai più a una donna vittima di abusi com’era vestita quella notte.

Tra una Diletta Leotta poco convincente e un Achille Lauro che fa parlare di sé

Alcuni tentativi di apologia del gentil sesso sarebbero invece sembrati inefficaci: la celebre conduttrice televisiva Diletta Leotta ha parlato della bellezza come un qualcosa che “capita”, che le ha permesso di essere quella che è oggi, ma che col passare degli anni sfiorisce. Le intenzioni erano probabilmente le migliori, ma la delusione degli spettatori è nata dal fatto che ancora una volta, sembra essere l’apparenza a dettare le possibilità di una donna. Un messaggio piuttosto sterile, per certi versi addirittura contraddittorio ai fini della valorizzazione femminile.

Alquanto dibattuta è stata infine l’esibizione gender-fluid del giovane cantante Achille Lauro il quale, noncurante del giudizio stereotipato del pubblico italiano, ha deciso di scendere in campo impersonando la femminilità e la rivoluzione umana in tutte le sue forme: dalla figura San Francesco D’Assisi, simbolo universale della solidarietà, all’alter-ego di David Bowie, Ziggy Stardust, come riflesso di una mascolinità non tossica. E ancora, dalla lungimirante musa ispiratrice La Divina Marchesa Luisa Casati Stampa, grande mecenate del suo tempo, alla forte e indipendente Elisabetta I Tudor.

“Oltre il maschile e il femminile. Oltre gli schemi omologanti di una sessualità politicamente corretta. Oltre la divisione binaria” ha commentato il cantante sulla sua pagina Instagram.

C’è chi lo considera semplicemente uno schiavo del marketing e non crede alle sue buone intenzioni. Altri lo vedono invece come un ribelle, una persona fuori dagli schemi, completamente estraneo al concetto di zona comfort. Lui che “se ne frega davvero”, un menefreghista positivo, intimamente libero.

Quest’Italia che ci prova

Ciò che ci portiamo a casa di questo Sanremo, per certi versi, potrebbe sembrare contraddittorio: uno spettacolo di stampo tradizionalista che cerca il cambiamento in se stesso riflettendo i mutamenti sociali. Un tentativo a tratti malriuscito, se si pensa al discordo della Leotta, a volte dibattuto, come nel caso di Achille Lauro, e in alcuni casi toccante, come sicuramente è stato quello della giornalista palestinese.

Source: Flickr/ Exploride

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