pria storia interiore di confronto, fatica ma anche possibile
liberazione dai confini culturali
e sociali della propria terra
d’origine. In scena anche tre
straordinarie musiciste, cantanti e polistrumentiste spagnole a
scandire i momenti profondi
dei percorsi emotivi individuali,
al tempo stesso voci e portavoci anche del percorso femminile collettivo. Tra simboli e allegorie, momenti di pesante tensione e violenza, alternati ad
altri di grande ironia e leggerezza, competizione e solidarietà, ossessioni imposte sul
corpo, alternarsi di forme
oppresse striscianti con dolore
sulla terra o danzanti liberamente nell’espressione della
forza e dello spirito, si sono illuminate riflessioni su una condizione esistenziale in cui riconoscersi, sia nel profondo desiderio di essere pienamente se
stesse sia nella ricerca di unione e solidarietà. La suggestiva
cornice di una ampia tenda
simile a quella di nomadi o
profughi montata in scena sulla
morbida e scura terra, i rumori
e l’abbiare di cani lontani nella
notte e la sabbia che scendeva
lenta dalla graticcia all’inizio e
alla fine del racconto come una
clessidra che scandisce lo scorrere del tempo sulle difficoltà
deri dell’età adulta che si confondono con le immagini dell’infanzia,
il rapporto tra la vita diurna e il sonno notturno, l’accumulazione e
la confusione all’interno di uno spazio mentale. Il protagonista vive
bloccato in un limbo tra insonnia, sonnambulismo e narcolessia, ed
è affiancato da un alterego che assume pian piano il ruolo di un
marionettista invisibile che vive nella sua mente. Chi ha visto o spero
vedrà “Pesadilla”, potrebbe obiettare che con il circo non ha molto
a cui spartire visto che a mancare è proprio la tecnica circense, e che
più che altro potrebbe essere definito uno spettacolo, se non di
danza, di teatro fisico. Quello che ho sempre ammirato e ricercato
nel Circo contemporaneo è quel pizzico di spirito di ribellione in più,
l’impert [