Juggling Magazine march 2016, n.70 | Page 11

pria storia interiore di confronto, fatica ma anche possibile liberazione dai confini culturali e sociali della propria terra d’origine. In scena anche tre straordinarie musiciste, cantanti e polistrumentiste spagnole a scandire i momenti profondi dei percorsi emotivi individuali, al tempo stesso voci e portavoci anche del percorso femminile collettivo. Tra simboli e allegorie, momenti di pesante tensione e violenza, alternati ad altri di grande ironia e leggerezza, competizione e solidarietà, ossessioni imposte sul corpo, alternarsi di forme oppresse striscianti con dolore sulla terra o danzanti liberamente nell’espressione della forza e dello spirito, si sono illuminate riflessioni su una condizione esistenziale in cui riconoscersi, sia nel profondo desiderio di essere pienamente se stesse sia nella ricerca di unione e solidarietà. La suggestiva cornice di una ampia tenda simile a quella di nomadi o profughi montata in scena sulla morbida e scura terra, i rumori e l’abbiare di cani lontani nella notte e la sabbia che scendeva lenta dalla graticcia all’inizio e alla fine del racconto come una clessidra che scandisce lo scorrere del tempo sulle difficoltà deri dell’età adulta che si confondono con le immagini dell’infanzia, il rapporto tra la vita diurna e il sonno notturno, l’accumulazione e la confusione all’interno di uno spazio mentale. Il protagonista vive bloccato in un limbo tra insonnia, sonnambulismo e narcolessia, ed è affiancato da un alterego che assume pian piano il ruolo di un marionettista invisibile che vive nella sua mente. Chi ha visto o spero vedrà “Pesadilla”, potrebbe obiettare che con il circo non ha molto a cui spartire visto che a mancare è proprio la tecnica circense, e che più che altro potrebbe essere definito uno spettacolo, se non di danza, di teatro fisico. Quello che ho sempre ammirato e ricercato nel Circo contemporaneo è quel pizzico di spirito di ribellione in più, l’impert [