In nome del rock italiano by Parisi & Romero | Page 19
«Hai ragione. Scusa. Anch'io, a tratti cado nella
trappola del credere che un cantautore
particolarmente fortunato come te…» John si fermò
dubbioso.
Gli era venuto il sospetto che il suo argomentare
senza particolari filtri sulla figura del suo datore di
lavoro, fosse troppo confidenziale. Era vero,
comunque che, erano diventati amici.
Il cantante del modenese capì:
«Vai vai, non preoccuparti: “un cantautore
particolarmente fortunato” mi va più che bene come
definizione. D'altra parte anch'io, e l'ho ripetuto
spesso nelle interviste, non capisco cosa ci trovino di
così eccezionale nella mia figura. Mi sarei
accontentato anche di meno… Dicevi?»
«Ti sarebbe bastato meno?» chiese dubbioso
l'autista amico.
«Oh, intendiamoci. Sono stracontento di come
mi sia andata. Anche se non capisco quelli che,
quando esco a fare un giro in bici, mi toccano e
dicono alle telecamere – ce n'è sempre qualcuna in
giro quando io sono in giro - “l'ho toccato… L'ho
toccato!”. In quei frangenti mi viene da pensare che
l'unico a non sapere chi sono… sono proprio io!
Socmel: sicuramente non sono di queste parti. Chissà
in quale pianeta sono nato. Mah.»
«Ho capito. Comunque e per riallacciarmi al
discorso di prima, intendevo dire che, semplicemente,
anch'io cado nella trappola di assegnare a uno
scrittore di canzoni uno status un pelo esagerato.»
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