privilegiato dei militari. E poi le pensioni d’oro dei gran commis, che hanno cumulato gli assegni provenienti da diverse amministrazioni. Senza contare, poi, il ginepraio delle gestioni autonome, ognuna con regole diverse. Spesso in contrasto con le norme in vigore. Il risultato è che, negli anni delle vacche magre, quando la spesa pensionistica è stata utilizzata dal governo come una sorta di “bancomat” dal quale prelevare le risorse necessarie per far quadrare i conti pubblici, i sacrifici richiesti non sono stati uguali per tutti. Ne sa qualcosa il gran popolo delle lettere “arancione”. E ne sapranno ancora di più i giovani che oggi, se sono fortunati, cominciano a lavorare e che, se nel frattempo non riusciranno ad attivare una pensione integrativa, dovranno fare i conti con una vecchiaia ai margini della povertà. Insomma, la battaglia contro i vitalizi dei parlamentari avrà anche un sapore un po’ demagogico. Ma è sicuramente un passo in avanti sulla strada per avere regole previdenziali più giuste e, soprattutto, uguali per tutti.