Il Panificatore Italiano - Giugno 2025 | Page 70

Pane e impresa • L’ intervista / Roberto Capello
grandi investimenti, per ridurre il rischio, si può valutare di partire con attrezzature di seconda mano e revisionate. Certo, occorrerà tempo per cercarle, ma è un’ ipotesi che permette di risparmiare parecchio denaro. C’ è poi un fattore determinante: nel business plan occorre mettere in evidenza quante delle risorse necessarie si è disposti a investire in prima persona. Qualsiasi finanziatore, infatti, chiederà questa informazione che tecnicamente si chiama“ equity”. In sostanza, il tema che verrà fuori quando si cerca un finanziatore sarà: quale rischio di impresa è disposto ad accollarsi l’ artigiano? Oggi non è più possibile aprire un’ impresa come si faceva trent’ anni fa all’ insegna“ dell’ armiamoci e partiamo anche senza soldi”: il mercato non lo consente più.
È necessario partire per forza con risorse proprie? Direi di sì, per tanti motivi, non ultimo il fattore interessi. Se non si utilizzano risorse proprie, si rischia di vivere per pagare gli interessi e di erodere tutto il proprio margine. E non dimentichiamoci che il progetto che presentiamo a un finanziatore dovrebbe essere prima di tutto molto smart. Facendo parte di un consorzio di garanzia del credito, vedo tantissime iniziative imprenditoriali di artigiani, anche giovani, che pensano di partire subito con mega progetti: di solito, analizzandoli, si capisce quasi subito che si stanno facendo del male, anche partendo dal presupposto
che sappiano fare benissimo il proprio mestiere e che, quindi, l’ idea di partenza sia buona.
Che consigli possiamo dare? La prima cosa da capire è che occorre fare un progetto economicamente sostenibile, facendo economia di risorse di tutti i tipi. Le imprese hanno il dovere morale di produrre ricchezza e di distribuirla, quindi, anche il capitale impegnato deve essere remunerato. È bene considerare che spesso questo capitale è quello personale oppure della propria famiglia, che ovviamente non chiede degli interessi, ma in altri casi è quello delle banche e alle banche oggi può non bastare il fatto di avere un progetto che sia comunque garantito, magari da un’ ipoteca. Ovviamente, un’ ipoteca male non fa, ma le banche valutano il progetto soprattutto per la sua capacità di restituire il debito.
Qual è un minimo di“ equity” perché un finanziamento venga accettato? Come ho detto prima, bisogna che il progetto sia“ smart”, quindi, occorre essere molto cauti e abbassare il rischio che corre un investitore terzo: se si ipotizza di spendere 80.000 ¤, occorrerebbe mettere almeno 25 / 30.000 ¤ di soldi propri. Parliamo quindi di un 30 % dell’ investimento. Questa percentuale aumenta la reputazione dell’ imprenditore: se si è disposti ad accollarsi il 30 % dell’ investimento, la banca sarà più propensa a concedere il finanziamento.
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