IL MISTERO DI BELICENA VILLCA - prima parte (ITALIANO) IL MISTERO DI BELICENA VILLCA parte 1 - (ITALIANO) | Page 73

per cui l'uomo doveva morire si doveva al fatto che i Grandi Antenati avevano mangiato il Frutto di questo Albero e la Morte si era trasmessa ai loro discendenti come una Malattia. In verità, il sangue dell'Albero, la sua Linfa Maledetta, si era mischiata con il Sangue Immortale dell'Uomo Originale e regolava da dentro la Vita e la Morte. E nessuno conosceva il Rimedio per questa Malattia. Navutan , che non aveva un padre umano, era nato immortale come gli Uomini Originali, però la sua immortalità era, per questo motivo, essenziale, propria della sua speciale natura spirituale; di conseguenza, la sua immortalità era incomunicabile ai restanti uomini bianchi, non serviva per fare in modo che essi recuperassero l'immortalità perduta. Per questo Navutan , con l'appoggio della sua Divina Madre, la Vergine Ama, decide di diventare mortale e scoprire per gli uomini il segreto dell'immortalità. Dal giorno in cui i Grandi Antenati mangiarono il Frutto dell'Albero della Morte, nessuno osava avvicinarsi ad esso per timore alla Morte. Però Navutan era immortale come i Grandi Antenati e riuscì, come Loro, ad avvicinarsi senza problemi. Una volta vicino all'Albero, Navutan tagliò e mangiò il Frutto proibito, rimanendo immediatamente stregato dall'Illusione della Vita: adesso solo gli mancava di scoprire il segreto della Morte senza morire, visto che se periva nell'intento non avrebbe potuto mai comunicare la Saggezza agli uomini bianchi. È allora che Navutan si auto-crocifigge all'Albero del Terrore, per vincere la Morte e si appende per nove notti al suo tronco. Quindi, mentre trascorreva il tempo, la Morte si avvicinava senza che Navutan riuscisse a comprendere il suo segreto. Alla fine, già agonizzante, il Grande Capo Bianco chiuse il suo unico occhio, che manteneva fisso sull'Illusione del Mondo ed osservò in direzione della Profondità di Se Stesso, in un'ultima e disperata reazione per salvare la vita che si spegneva senza rimedio. E sull’apice di Se Stesso, nel mezzo dell'Oscurità Infinita della Morte implicita, vide sorgere una Figura Raggiante, un Essere che era Grazia Pura: si trattava di Frya, l'Allegria dello Spirito, la sua Consorte Divina dell'Origine che veniva in suo aiuto. Quando Navutan apre nuovamente il suo occhio, Frya esce da esso e si addentra nel Mondo del Grande Inganno: va a cercare il segreto della Morte per salvare il suo Consorte agonizzante. Tuttavia non ci riesce ed il tempo diminuisce inesorabilmente. Infine, senza disperare, Frya si dirige ad Iperborea per consultare gli Dei Liberatori; Essi le consigliano di cercare un Gigante bicefalo che abita in un Mondo che si trova sotto le radici dell'Albero del Terrore e che esercita l’incarico di portachiavi: a questo Gigante doveva rubare la Chiave Kalachakra, poiché in essa gli Dei Traditori hanno inciso il segreto della Morte. Il Mito degli Atlanti bianchi diventa qui molto complesso e solo conviene menzionare che Frya, trasformata in Corvo, discende nel mondo del Gigante bicefalo e gli ruba la Chiave Kalachakra: inoltre, per ottenerla, ha dovuto convertirsi in assassina e prostituta; Frya, in effetti, rompe con un colpo della sua ascia la Chiave Kalachakra, però la lama della chiave, nel cadere, si trasforma in sette giganti con sette teste ognuno, i quali "dormono per fare in modo che le Razze radice vivano per loro"; a quel punto, e senza alternative poiché era obbligata dal tempo, Frya si veste con il Velo della Morte che questi giganti tengono soggetto con un lazzo in ogni collo: poi a turno li sveglia e si consegna ad essi come amante, però inesorabilmente li fa decapitare al culmine dell'orgasmo; e le teste dei Giganti, infilate in una corda o sutrâtma, formano il collare di Frya Kalibur, nel quale ogni cranio rappresenta un Segno dell'Alfabeto Sacro della Razza Bianca. Finalmente il Velo