IL MISTERO DI BELICENA VILLCA - prima parte (ITALIANO) IL MISTERO DI BELICENA VILLCA parte 1 - (ITALIANO) | Page 51

Ottavo Giorno Durante l'epoca dell'anno nella quale non si celebrava il Rituale del Fuoco Freddo, i Gerofanti tartessi permettevano ai Pellegrini di giungere fino al chiaro nel Bosco Sacro e contemplare la colossale effigie di Pyrena; lì potevano depositare le loro offerte e riflettere se erano disposti ad affrontare la Morte della Prova del Fuoco Freddo o se preferivano tornare all'illusoria realtà delle loro vite comuni. Per il momento la Dea non poteva danneggiarli poiché i Suoi Occhi erano chiusi e non comunicavano a nessuno il Loro Segnale di Morte. Tuttavia, nonostante tale convinzione, molti rimanevano congelati dallo spavento di fronte all'Antico Volto Rivelato e non erano da meno quelli che fuggivano immediatamente o morivano sul luogo dal terrore. Il Menhir originale era stato depositato in quel punto dai semi-dei Atlanti bianchi migliaia di anni prima, però, ai giorni dell'alleanza con i lidi, non esisteva nessuno sulla Terra capace di emulare l'impresa di trasportare a migliaia di chilometri di distanza una pietra gigantesca e depositarla nel centro di uno spesso bosco di frassini, senza tagliare alberi per il trasporto: si comprende, perciò, che i pellegrini ricevessero l'immediata impressione che quel terribile busto era opera degli Dei. Inoltre non solo il Menhir era opera degli Dei, visto che la conformazione del Volto procedeva da questa notabile capacità per rappresentare il Divino che esibivano i lidi; astutamente i tartessi si guardarono sempre bene dall'informare sull'origine dell'inquietante scultura. Chi riusciva a riprendersi dall'impressionante visione iniziale e notava i dettagli dell'insolito Volto, doveva appellarsi a tutte le sue forze per non essere vinto, prima o poi, dal panico. Ricordate, dottore, che, per i suoi adoratori, quello che avevano di fronte non era una semplice rappresentazione di pietra inerte ma l'immagine Viva della Dea: Pyrena si manifestava nel Volto ed il Volto era partecipe di Essa. Ed era proprio quel Volto sacro quello che toglieva il respiro. Probabilmente, se qualcuno fosse riuscito, con un potente atto di astrazione, a separare il Viso dalla Testa della Dea, l'avrebbe trovato di belle fattezze; in primo luogo, e nonostante la colorazione verdognola della pietra, per la forma dei lineamenti era indubbia l'appartenenza alla Razza Bianca; nel seguente ordine, bisognava riconoscere nell'aspetto generale una bellezza archetipica indo germanica o direttamente ariana: Ovale del Viso rettangolare; Fronte ampia; Ciglia folte, leggermente curve ed orizzontali; le Palpebre, visto come ho già detto che gli Occhi rimanevano chiusi, dimostravano dall'espressione uno Sguardo frontale, dagli Occhi rotondi e perfetti; Naso retto e proporzionato; Mento compatto e prominente; Collo forte e sottile; la Bocca, con il labbro inferiore più grosso ed un po' più sporgente del superiore, era forse la nota più bella: era leggermente aperta e curvata in un Sorriso appena accennato, in un gesto inconfondibile di ironia cosmica. Naturalmente, chi mancasse del potere d'astrazione necessario, non avrebbe avvertito nessuno dei caratteri segnalati. Al contrario, senza dubbio tutta la sua attenzione sarebbe stata assorbita inizialmente dai Capelli della Dea; e quest'osservazione iniziale sicuramente avrebbe neutralizzato il giudizio estetico anteriore: al contemplare la Testa nell'insieme, i Capelli ed il Volto, la Dea presentava quell'aspetto terrificante che causava il panico dei visitatori. Ma cosa c'era nei Suoi Capelli capace di paralizzare dallo spavento i rozzi pellegrini normalmente abituati al pericolo? Serpenti; Serpenti di un realismo eccezionale. I suoi Capelli erano composti da diciotto Serpenti di pietra: otto di distinta