IL MISTERO DI BELICENA VILLCA - prima parte (ITALIANO) IL MISTERO DI BELICENA VILLCA parte 1 - (ITALIANO) | Page 47
un fiume sacro per gli iberici e per questo lo identificavano con la Vruna più importante,
quella che designa il Nome di Navutan , il Grande Capo degli Atlanti bianchi.
Apparentemente, Navutan significava Signor (Na) Vután, nella lingua degli Atlanti bianchi;
i distinti popoli indo-germanici che parteciparono al Patto di Sangue e che, però, in seguito
caddero di fronte alla Strategia del Patto Culturale, conclusero che si trattava di un Dio e
lo adoravano sotto differenti Nomi tutti i derivati da Navutan : così, fu chiamato Nabu (da
Nabu-Tan); Wothan (da Na-Vután, Na-Wothan); Odán - Odín (da Nav-Odán, Nav-Odín);
Odiel u Odal (da Nav-Odiel, Nav-Odal); ecc...
Cinque km al Nord della cittadella di Tharsis, nella sierra Catochar, si trova il monte Char,
nome che significa Fuoco e Tempo in diversi dialetti iberici. Sulla cima esisteva un bosco
di Frassini che era venerato dagli iberici in memoria a Navutan : in quel luogo gli Atlanti
bianchi avevano eretto un enorme Menhir contraddistinto da una Sua Vruna. Lo avevano
piantato nel centro del bosco, in un punto che, stranamente, era popolato da un piccolo
gruppo di alberi di mele e nessuno sapeva spiegare se gli altri alberi fossero spariti per
cause naturali o se erano stati tagliati intenzionalmente. Quello che rimaneva era piantato
a circa 20 passi dal Menhir e si vedeva chiaramente che si trattava di un albero pluri
centenario.
Tutta l'Antichità mediterranea pre-greca conosceva l'esistenza del "Melo di Tharsis", verso
il quale erano soliti realizzare pellegrinaggi annuali i devoti della Dea del Fuoco. Al
principio, in effetti, i frassini e i meli erano associati a Navutan e Frya, rispettivamente.
Successivamente, dopo l'alleanza di sangue con i popoli del Patto Culturale, i Sacerdoti
consacrarono il Melo di Tharsis alla Dea Belisana e stabilirono l’usanza di celebrare il
Culto ai piedi del vetusto tronco. Per quello costruirono un altare di pietra composto da
due colonne ed una lastra trasversale, sulla quale era sistemata la Lampada Perenne:
quel fuoco immortale rappresentava la Dea,mentre il Melo il cammino da seguire. In
conformità a quello che insegnavano i Sacerdoti, il Dio Creatore scrisse il Culto nel seme
del Melo; l'albero era solo una parte del messaggio riferito al destino dell'uomo; il fiore, per
esempio, equivaleva al cuore dell'uomo, la sede dell'Anima, la sua forma e il suo colore,
esprimevano la Promessa della Dea; però un'altra parte del messaggio era scritto nel
roseto e la Promessa della Dea brillava anche nel fiore, nella sua forma e nel suo colore; il
melo ed il roseto non solo erano piante della stessa famiglia ma consistevano in realtà in
una sola pianta: fu la Promessa della Dea che divise il seme del melo in modo che
producesse vari fiori differenti, fiori che avrebbero rivelato il cammino della perfezione a
quegli uomini che si fossero consegnati ad Essa ed avessero abbracciato il suo Culto.
Certamente, il mito che descriveva il Culto sarebbe stato rivelato dai sacerdoti solamente
a coloro che consideravano essere preparati per l'iniziazione nel sacerdozio, come dire,
coloro i quali sarebbero stati anch'essi Sacerdoti. Il significato, segreto, della Promessa
sarebbe questo: il melo ed il roseto corrispondevano a due Stati o fasi della vita dell'uomo,
come l'infanzia e l'età adulta, per esempio; quando era "come un bambino", l'uomo aveva
un cuore simile al fiore del melo, che era bianco e roseo al di fuori, e che si apriva
completamente come uno sciocco; e quando fosse "come un adulto", cioè, quando fosse
iniziato come Sacerdote del Culto o quando fosse capace di officiarlo come un Sacerdote,
avrebbe avuto il cuore come il fiore della rosa, che era del colore del Fuoco della Dea e
non si apriva mai totalmente, se non al momento di morire; per questo esisteva nel mondo
un solo melo e molte rose: perché molte sarebbero state le perfezioni che avrebbe potuto