IL MISTERO DI BELICENA VILLCA - prima parte (ITALIANO) IL MISTERO DI BELICENA VILLCA parte 1 - (ITALIANO) | Page 30

che il nemico avrebbe tentato di recuperare il territorio con qualunque mezzo: sotto forma di popoli nativi alleati con gli Atlanti scuri o sotto forma di un altro popolo invasore o come avversità delle Forze della natura. Credere nella proprietà della terra, al contrario, significava abbassare la guardia di fronte al Nemico, perdere lo stato di allerta e soccombere di fronte al Suo Potere dell'Illusione. Compreso e accettato il principio dell'Occupazione, i popoli nativi dovevano procedere, in secondo termine, a recintare il territorio occupato o, perlomeno, a segnalare la sua area. Perché? Perché il principio del Recinto avrebbe permesso separare il territorio occupato dal territorio nemico: fuori dall'area occupata e recintata si estendeva il territorio del Nemico. Solo allora, quando si disponeva di un'area occupata e recintata, si poteva coltivare e far produrre la terra. In effetti, con il modo di vita strategico ereditato dagli Atlanti bianchi, i popoli nativi erano obbligati a operare secondo un ordine rigoroso, che nessun altro principio avrebbe permesso alterare: in terzo luogo, dopo l'occupazione e il recinto, allora si poteva praticare la coltivazione. La causa di questa rigorosità era la capitale importanza che gli Atlanti bianchi attribuivano alla coltivazione come atto capace di liberare lo Spirito o di aumentare la sua schiavitù nella Materia. La formula corretta era la seguente: se un popolo di Sangue Puro realizzava la coltivazione sopra una terra occupata e non dimenticava in nessun momento che il nemico era fuori in agguato, allora, dentro il recinto, sarebbe stato libero di elevarsi fino allo Spirito e acquisire la Più Alta Saggezza. In caso contrario se si coltivava la terra credendo nella sua proprietà, le Potenze della Materia sarebbero emerse dalla Terra, si sarebbero impadronite dell'uomo e lo avrebbero integrato al contesto, convertendolo in un oggetto degli Dei; di conseguenza, lo Spirito avrebbe sofferto una caduta nella materia ancora più atroce, accompagnata dall'illusione più nociva, infatti avrebbe creduto di essere "libero" nella sua proprietà, quando sarebbe stato solo un pezzo dell'organismo creato dagli Dei. Chi avesse coltivato la terra, senza occuparla e recintarla previamente e si fosse sentito il suo padrone o avesse desiderato esserlo, sarebbe stato fagocitato dal contesto regionale e avrebbe sperimentato l'illusione di appartenere a esso. La proprietà implica una doppia relazione, reciproca e inevitabile: la proprietà appartiene al proprietario tanto quanto il proprietario appartiene alla proprietà; è chiaro: non potrebbe esistere possesso senza una precedente appartenenza della proprietà da possedere. In più, colui che si sentisse di appartenere alla terra rimarrebbe indifeso di fronte al Potere dell'Illusione del Nemico: non si comporterebbe come uno straniero sulla terra, come l'uomo spirituale che coltiva dentro il recinto strategico; infatti pianterebbe Le sue radici e amerebbe la terra; crederebbe nella pace e desidererebbe quest'illusione; si sentirebbe parte della natura e accetterebbe che tutto è Opera degli Dei; si farebbe piccolo piccolo nel suo focolare e si meraviglierebbe della grandezza della Creazione che lo circonda da tutte le parti; non concepirebbe mai un'uscita dalla Creazione: piuttosto, un'idea tale lo farebbe sprofondare in un terrore senza nome,perché in essa intuirebbe un'eresia abominevole, un'insubordinazione alla Volontà del Creatore che potrebbe portargli castighi imprevedibili; si sarebbe sottomesso al Destino, alla Volontà degli Dei che lo decidono e li avrebbe venerati per guadagnare il loro favore o per placare le loro lire; sarebbe ammorbidito dalla paura e non avrebbe avuto le forze, non tanto per opporsi agli Dei, ma neanche per lottare contro la parte animale e animica di se stesso o per fare in modo che lo Spirito la dominasse e si trasformasse nel Signore di Se