IL MISTERO DI BELICENA VILLCA - prima parte (ITALIANO) IL MISTERO DI BELICENA VILLCA parte 1 - (ITALIANO) | Page 27
procedeva da un'inesorabile santificazione del corpo e dei corpi. E il Potere conseguente,
dimostrante la superiorità sacerdotale, consisteva nel dominio delle forze della natura o, in
ultima istanza, di forza. Tuttavia, le forze in campo non erano altro che manifestazioni
degli Dei: le forze emergevano dalla materia o si dirigevano a essa e la sua formazione è
equivalente alla sua deificazione. Cioè: il Vento, il Fuoco, il Lampo, la Luce, non potevano
essere altro che Dei o la Volontà degli Dei; il dominio delle forze era, così, una comunione
con gli Dei. Per questo la più alta santità sacerdotale, quella che si mostrava con il
dominio dell'Anima, fosse questa concessa come corpo o come forza, significava inoltre la
più spregevole sottomissione alle Potenze della Materia.
Il movimento degli astri denotava l'atto degli Dei: i Piani Divini si sviluppavano con tali
movimenti nei quali ogni ritmo, periodo o ciclo, aveva un significato decisivo per la vita
umana. Pertanto, gli Atlanti scuri divinizzavano il Tempo sotto forma di cicli astrali o
naturali e trasmettevano ai popoli nativi la credenza nelle Ere o nel Grande Anno: durante
un Grande Anno si concretizzava una parte del Piano che gli Dei avevano tracciato per
l'uomo, il suo destino terrestre. L'ultimo Grande Anno, che sarebbe durato circa 26.000
anni solari, sarebbe cominciato migliaia di anni prima quando il Cigno del Cielo si avvicinò
alla Terra e gli uomini di Atlantide videro discendere il dio Sanat: veniva per essere il Re
della Mondo, inviato dal Dio Sole Ton, il Padre degli Uomini, Colui che è Figlio del Dio
Cane Sin. Gli Atlanti scuri glorificavano il momento in cui Sanat arrivò sulla Terra
diffondevano fra i popoli nativi il Simbolo del Cigno come segnale di quel ricordo
primordiale: da lì in poi il Simbolo del Cigno e in seguito quello di qualunque uccello con
piede palmato, sarebbe stato considerato universalmente come l'evidenza del fatto che un
popolo nativo determinato avesse concordato il Patto Culturale; vale a dire che, anche se
il Dio al quale rendevano Culto i popoli nativi fosse differente, Beleno, Lug, Bran, Proteo,
ecc..., l'identificazione comune con il Simbolo del Cigno tradiva l'istituzione del Patto
Culturale. Successivamente, dopo la partenza degli Atlanti, la lite fra i popoli nativi si
simbolizzò come una lotta fra il Cigno e il Serpente, poiché il conflitto era fra i sostenitori
del Simbolo del Cigno e coloro i quali "comprendevano il Simbolo del Serpente";
naturalmente, il significato di questa allegoria fu conoscenza solamente degli Iniziati.
Il Dio Sanat si installò sul Trono degli Antichi Re del Mondo, esistente da milioni di anni
prima nel Palazzo Korn dell'Isola Bianca Gyg, conosciuta in seguito in Tibet come Chang
Shambalá o Dejung. Lì disponeva per governare del concorso di inconfutabili Anime,
poiché l'Isola Bianca si trovava nella Terra dei Morti: infatti, all'Isola Bianca solo arrivavano
le Anime dei Sacerdoti, di coloro i quali in tutte le Epoche avevano adorato il Dio Creatore.
Il Re del Mondo presiedeva una Fraternità Bianca o Fratellanza Bianca integrata dai
Sacerdoti più Santi, vivi o morti, e appoggiata nella sua azione sull'umanità dal Potere di
quei misteriosi Angeli, i Seraphim Nephilim, che gli Atlanti bianchi denominavano Dei
Traditori dello Spirito dell’Uomo: d'accordo con gli Atlanti bianchi, i Seraphim
Nephilim,solo sarebbero stai 200, però il loro Potere era talmente grande, che
governavano su tutta la Gerarchia Occulta della Terra; contavano, per esercitare tale
Potere, sull'autorizzazione del Dio Creatore e i Sacerdoti e Iniziati del Patto Culturale
ubbidivano loro ciecamente, e formavano le file della "Gerarchia Occulta" o "Gerarchia
Bianca" della Terra. Riassumendo, a Chang Shambalà, sull'Isola Bianca, esisteva la
Fraternità Bianca, alla cui testa c'erano i Seraphim Nephilim e il Re del Mondo.
Bisogna chiarire che il "biancore" nominato in riferimento all'Isola Mansione del Re della
Mondo o alla Fraternità, non si riferiva a una qualità razziale dei suoi abitanti o integranti,