IL MISTERO DI BELICENA VILLCA - prima parte (ITALIANO) IL MISTERO DI BELICENA VILLCA parte 1 - (ITALIANO) | Page 202

potendo ricevere aiuto da quella parte, l'Ordine cistercense finanzia a Carlo d'Angiò un esercito mercenario di trentamila uomini. Quell’armata di avventurieri senza legge penetrò in Italia nel 1264 e sconfisse completamente Manfredi nella battaglia di Benevento: poi si dedicarono a massacri e saccheggi senza precedenti, paragonabili solo alle invasioni barbariche. Nella battaglia sopra menzionata, oltre a Manfredi, persero la vita molti Cavalieri del lato ghibellino, tra cui il padre di Ruggero di Lauria, un ragazzo cresciuto nelle camere del Re di Aragona, Pietro III, poiché sua madre era una Dama di Compagnia della Regina di Costanza; Ruggero de Lauria fu, certamente, il brillante ammiraglio dell'esercito catalano, la più potente della sua Epoca, con la quale Pietro III conquistò il regno di Sicilia anni dopo. Morto Manfredi, e distrutto il partito ghibellino, rimane solo il bambino Corradino di Svevia come ultimo rampollo virile dei ribelli Hohenstaufen. Carlo d'Angiò concorda con Urbano IV l'usurpazione dei suoi diritti: si fa proclamare Re di Napoli e si impossessa della Sicilia. Stabilisce immediatamente un regime di terrore, orientato principalmente contro la fazione ghibellina; l'espropriazione di beni e titoli, le esecuzioni e deportazioni, continuano senza sosta; in breve tempo i francesi sono odiati tanto come i saraceni di Terra Santa. Una delle vittime più illustri è Giovanni da Procida, il Saggio delle Corte di Federico II e Manfredi: membro di una nobile famiglia ghibellina, il Signore de Salerno, dell'isola di Procida, e di diverse Contee, non solo fu spogliato dei suoi titoli e beni, se non che Carlo d'Angiò violentò vigliaccamente sua moglie e sua figlia; solo riuscì a salvare la sua vita grazie all'ammirevole prudenza con cui seppe trattare il Papa Golen Urbano IV. Un grande clamore cresce negli anni seguenti contro la dominazione francese. Nel 1268 Corradino, che all'epoca aveva sedici anni, scese in Italia alla testa di un esercito di diecimila uomini, fiducioso che al giungere alla penisola si sarebbero aggiunte altre truppe. Carlo lo annienta a Tagliacozzo, rendendo orribile la sofferenza dei Cavalieri che riesce a catturare. Corradino, l'ultimo Hohenstaufen, tenta di imbarcarsi per fuggire dall'Italia ma viene tradito e portato di fronte al potere da Carlo d'Angiò. Una richiesta unanime viene fatta per il nipote di Federico II al fine di essere perdonato, ma Clemente IV è inflessibile: "La morte di Corradino è la vita di Carlo d'Angiò"; i Golen non erano disposti a sospendere lo sterminio della Stirpe che causò così tanto male ai piani della Fratellanza Bianca. Dopo un finto processo, Corradino viene condannato a morte a Napoli. Prima di consegnare la testa al carnefice, il bambino mostra la sua galanteria con un gesto che significherà nel breve periodo, la sconfitta virtuale di Carlo d'Angiò: si toglie un guanto e lo getta in mezzo alla folla che è venuta a vedere l'esecuzione, mentre urla: sfido un vero Cavaliere di Cristo a vendicare la mia morte per mano dell'Anticristo! Un attimo dopo viene decapitato in presenza di Carlo d'Angiò, il legato pontificio, numerosi cardinali e vescovi e decine di Golen che non riescono a nascondere la loro gioia per l'estinzione della stirpe degli Hohenstaufen: in quel momento rimaneva vivo solo il Re di Sardegna Enzo, figlio di