IL MISTERO DI BELICENA VILLCA - prima parte (ITALIANO) IL MISTERO DI BELICENA VILLCA parte 1 - (ITALIANO) | Page 147
700 anni dopo ancora perdura il timore per i fatti successi nei momenti che sto riferendo!
Non è un'esagerazione, in tutta la regione percepisce un clima lugubre, minaccioso, che si
accentua nella misura in cui si avanza verso Nord; gli abitanti dei villaggi, ogni volta più
ostili o francamente aggressivi, conservano numerose leggende familiari sui fatti occorsi
nei giorni della Casa de Tharsis, anche se si guardano bene di farle conoscere agli
estranei. Il timore è pratica nella possibilità che la storia di rete, che torni a cadere sul
paese il terribile castigo di quei giorni. Per questo non bisogna iniziare la conversazione
con loro e molto meno fare domande concrete sul passato: dopo aver sentito un brivido
d'orrore per l'interrogatorio, scoppierebbe su tutte le furie e attirerebbe con le sue grida
altri contadini; allora chi non riuscisse a scappare in tempo, sarebbe attaccato da tutti e
avrebbe molto fortuna se riuscisse a salvare la vita.
Dopo aver percorso altri 18 km, molto vicino già ad Aracena, si arriva a una minuscola
valle elevata, situata nel cuore della Catena di Aracena. Li esiste un villaggio che bisogna
attraversare rapidamente per evitare le pietre che lanciano i bambini o qualcosa di peggio;
è un villaggio del secolo XV che non sembra essersi evoluto molto da allora: la maggior
parte delle case sono di pietra, con le aperture mascherate con legno lavorato con accetta
e tetti in ardesia irregolari; molte di queste abitazioni si trovano disabitate, alcuni
totalmente distrutte, mostrando che una crescente decadenza e popolazione affetta il
villaggio e che solo la tenacità delle famiglie più antiche ha impedito la sua estinzione. Il
suo nome, "Catrame", gli fu imposto in quell'Epoca e costituisce una specie di maledizione
per i suoi abitanti, che non sono mai riusciti a sostituirlo con un altro dovuto alla
persistenza che ha tra gli abitanti dei villaggi vicini. L'origine del nome si trova 2 km più
avanti, quasi alla fine della valle, dove uno scolorito cartello mostra in latino e castigliano
"Campus pix picis", "Campo de la pez", "Campo della Pece".
In sostanza, è inutile cercare la pece lì perché tale denominazione procede dal secolo XIII,
quando veramente in quel campo ci fu molta pece, o perlomeno qualcosa che le
somigliava molto: da lì il nome del vicino villaggio di minatori, i quali, al fondarlo nel XV
secolo dovettero sopportare il tenebroso nome che gli imposero i loro vicini e finirono per
accertarlo con rassegnazione. Inoltre da dove era uscita la pece che caratterizzava quella
valle perduta tra le montagne deserte? È la pece, quel catrame, Dott. Siegnagel, è tutto
quello che rimase dell'esercito che il Conte di Terseval aveva messo insieme per attaccare
il Castello di Aracena e riscattare suo figlio Godo.
In quella valle, in effetti, il Conte Odielón con le sue truppe che accendevano più di 1000
effettivi, cinquanta cavalieri, 500 almogaveri e 500 uomini della Villa. Più che sufficiente
per attaccare e distruggere il Castello Templario che solo puntava con una guarnizione di
200 Cavalieri; anche se i Templari avevano la fama di lottare tre contro uno, non potevano
fare niente con forze che li superavano di cinque volte. Tutto quello che si richiedeva per
terminare con la minaccia Templaria e riscattare Godo se è ancora vivo, era evitare che il
Castello ricevesse rinforzi e per questo sarebbe stato fondamentale dominare il fattore
sorpresa. Per quello il Conte Odielón decise di marciare verso Aracena per un sentiero