italiano le aziende produttrici che utilizzano Etim . “ Partiamo da questa classificazione – spiega Presotto – e , di volta in volta , adeguiamo i dati alle necessità dei nostri clienti importanti , con l ’ auspicio che questi riescano ad aderire un po ’ per volta agli standard Etim .” È quello che auguriamo anche noi perché , pur comprendendo le resistenze della distribuzione , l ’ innovazione comporta sempre un certo sforzo e sarà inevitabile compierlo . Per i piccoli distributori è più complicato , mentre , come osserva Presotto “ Le boutique del bagno hanno altre dinamiche da soddisfare , sono più interessate alla conoscenza del prodotto e al rapporto con il progettista .” Noi siamo comunque positivi : adottare Etim è un discorso di reciproca convenienza . Giuseppe Presotto concorda , sottolineando che “ Etim porta dei vantaggi al grosso distributore : per esempio , permette di esaminare velocemente prodotti con caratteristiche comuni e confrontarne il prezzo . Questa è loro convenienza , la nostra è di essere referenziati presso questi grossi gruppi di distribuzione e vendere i nostri prodotti .” Nell ’ attesa che i tempi in Italia siano più maturi , Assobagno non si ferma . Attualmente sta lavorando alla classificazione Etim del comparto rubinetteria e gli altri gruppi merceologici sono in
[ CLASSIFICAZIONE ETIM : LA CHIEDONO I GRUPPI DI
ACQUISTO STRANIERI , E IN ITALIA ?] fase di esame . Inoltre , poiché l ’ installatore svolge un ruolo sempre più determinante all ’ interno della filiera , Assobagno sta elaborando un protocollo comune per la corretta installazione di vari prodotti arredobagno , destinato alle aziende produttrici associate . Queste potranno organizzare appositi corsi di formazione tecnica , fornendo poi all ’ installatore un ‘ patentino ’ di qualifica da mantenere con corsi di aggiornamento annuali . L ’ attestato garantirebbe la qualità del servizio e di certo ridurrebbe i problemi post-vendita . Questo , il quadro delle attività che Assobagno conduce per la soddisfazione del cliente finale e che ritiene di prioritaria importanza . Sono anelli importanti che si inseriscono nel percorso di integrazione di filiera e , a proposito di una vera e propria integrazione di filiera , qual è l ’ idea di Giuseppe Presotto , fuori dal suo ruolo in Assobagno ? “ Il mio parere personale è che benché la dimensione delle aziende di produzione – anche di quelle importanti - sia ancora troppo piccola rispetto ai gruppi di distribuzione , l ’ integrazione di filiera ci dovrà essere . Quella di tipo orizzontale non sarebbe un rapporto paritetico , ma fortemente sbilanciato verso i gruppi di distribuzione . Credo che in primis vada fatta , più a monte , una sorta di preintegrazione . Per esempio , un ’ azienda che produce cabine doccia potrebbe integrarsi con una che fabbrica vetro o alluminio . Altra possibilità è un ’ integrazione verticale , che riunisca aziende del bagno di settori diversi ma tutti afferenti allo stesso punto vendita , così da presentarsi sul mercato in modo più compatto e con una massa critica più appetibile .” In Italia , il fenomeno di una distribuzione sempre più aggregata è irreversibile e Presotto prevede che resteranno le boutique del bagno e le boutique dell ’ idrotermosanitario , molto consulenziali e orientate al prodotto di alto livello . “ Oggi le regole del mercato – conclude Presotto - si giocano in sede comunitaria a Bruxelles , dove si formulano le normative , e dove dobbiamo essere presenti in modo più strutturato per difendere il patrimonio di eccellenza che le industrie italiane rappresentano . Un esempio su tutti è il recente tentativo , sventato , di abolire l ’ utilizzo obbligatorio del vetro di sicurezza temperato nelle cabine doccia , cosa che avrebbe danneggiato sia i consumatori sia i produttori . Si deve fare sistema per essere competitivi , in questo crede e punta Assobagno .”
[ UN PRODUTTORE , MIGLIAIA DI CLIENTI : COME AFFRONTARE LE COMPLESSITà GESTIONali ?] cordiamo anche che l ’ azienda ha un proprio spazio a Milano , una sorta di finestra aperta sul mondo del design e del progetto , su stili di vita , tendenze e gusti del cliente finale . Un altro servizio all ’ architetto lo svolge il promoter , ma questa figura non rischia di essere in concorrenza o addirittura bypassare il rivenditore ? “ Assolutamente no – afferma deciso Marco Giuliani – da oltre 20 anni i nostri promoter fanno conoscere ad architetti e interior designer sia l ’ azienda e la sua storia , sia i prodotti , supportando così gli showroom . Non si occupano mai di vendita o di condizioni commerciali , per queste operazioni indirizziamo sempre il cliente al distributore di zona .” E nel caso l ’ architetto si rivolgesse direttamente a Simas per una fornitura ? “ In linea con la nostra politica commerciale – spiega Giuliani - in questo caso l ’ azienda elabora un ‘ pacchetto prezzo ’ che include il servizio del distributore , e da lì in poi sarà quest ’ ultimo a gestire la commessa .” Un modo di procedere trasparente , che di certo ha un peso nella fidelizzazione dei partner distributori . La politica di Simas è molto pratica anche sul fronte dell ’ efficienza nelle consegne - logistica ben rodata e tempi noti - e nel caso di contestazioni post-vendita interviene subito , rimandando a un momento successivo l ’ attribuzione di eventuali responsabilità . L ’ obiettivo è guadagnare la fiducia del cliente finale , e quindi dello showroom , che devono sentirsi assistiti in ogni circostanza . Nella rosa dei servizi al cliente resta una problematica diffusa , che spesso produttori e distributori risolvono un po ’ per proprio conto : il tracciamento digitalizzato dell ’ ordine . Manca uno standard condiviso . “ Riceviamo ancora ordini cartaceo per mail – osserva Giuliani – mentre i clienti più strutturati inviano un tracciato che noi convertiamo all ’ interno del nostro sistema . La difficoltà è che non tutti i clienti utilizzano la stessa piattaforma , stiamo cercando di fare in modo che utilizzino almeno lo stesso linguaggio software .” Per Simas adeguarsi alle diverse esigenze dei clienti è quasi una missione . Sono però ancora troppe le aziende che devono compiere la trasformazione digitale , eppure porterebbe vantaggi e risparmi a tutta la filiera . È solo un problema di risorse da dedicare o anche di cultura d ’ impresa ?