I Quaderni della Consapevolezza Comunicare per costruire ponti | Page 4

A questo punto bisogna sapere e accettare che non sempre ci si trova nella posizione di poter avere voce in capitolo, ovvero di trovarsi nel giu- sto punto strategico, da cui ci è possibile proteg- gere e manifestare i propri diritti. Quindi, di fronte a situazioni, che possiamo definire tiran- ne, dobbiamo imparare a riconoscere la nostra posizione, così da progettare strategicamente il piano per poterne uscire. L A M AT U R I T À E M OT I VA Veniamo tutti - o quasi - da un passato dove non abbiamo ricevuto abbastanza amore, tenerezza, considerazione, calore... e, come dice Antoine de Saint Exupery, "Mozart enfant, Mozart assas- siné, i bambini, belle promesse della vita, cosa non potrebbero diventare se solo fossero accu- diti e protetti come si fa con le rose! Ma non ci sono giardinieri per i bambini, Mozart è condannato...". Cominciamo ora ad analizzare, invece, come si può realizzare una comunicazione parietaria e sinergica. Innanzitutto, se si vuole costruire un ponte verso l'altro, si deve essere in due a mani- festare sinceramente quella volontà! Altrimenti è un prendersi in giro e, a quel punto, è senz'altro più schietto e salutare allontanare la persona non collaborativa, in modo tranquillo e senza spirito di rivendicazione, piuttosto che continua- re a rincorrerla, solo perché, a parole, magari continua a dirci di volerci incontrare, poi, però, nella pratica, non c'è l'impegno e la serietà necessari a seguire le regole del gioco. Sì, perché la buona comunicazione ha delle regole, proprio come un gioco. Nel gioco, se vogliamo tutti par- tecipare e divertirci assieme, è scontato che si seguano le sue regole, altrimenti c'è cacofonia ed è veramente impossibile giocare. Lo stesso acca- de nella comunicazione. Bisogna quindi impara- re queste regole, la prima, la fondamentale, è la correttezza. Questa mancanza di appagamento emozionale crea un'ansia interiore, un senso di oppressione, di cui, probabilmente, molti hanno anche smes- so di esserne coscienti, e che si manifesta in un costante bisogno di essere "nutriti", saziati inte- riormente, ma il "cibo" che il sistema ci propo- ne, spronandoci a continui consumi, è vuoto e non può certo rimpiazzare la carenza affettiva che ci portiamo appresso. Così la corsa verso ciò che potrà portarci il sospirato benessere interiore - che spesso con- fondiamo con quello esteriore - ricomincia, sempre più frenetica di prima. In questo nostro, a volte, disperato tentativi di poterci finalmente sentire bene, alcuni rincorrono il benessere nelle cose materiali e nelle relazioni, così da possede- re qualcosa: ricchezza e individui al nostro seguito, che crediamo di amare, ma che invece, inconsciamente, adoperiamo per riempire quel vuoto e sentirci finalmente satolli. Altri, al contrario, reagiscono a questo vuoto interiore chiudendosi, quasi temendo di poter essere obbligati a dare anche quel poco che hanno! Correttezza è un sinonimo di onestà, implica, infatti, l'onestà necessaria a comprendere le rea- zioni scatenate in noi da ciò che ci arriva dall'e- sterno e decidere quali di queste siano positive e giuste e quali invece siano da correggere. Ci sono atteggiamenti che la nostra coscienza (quella vera, non quella inculcata dall'educazione o dall'ambiente) trova riprorevoli. Per essere corretti dobbiamo lavorare onestamente su noi stessi e liberarci sempre di più da tali atteggia- menti. O per lo meno, fino a quando non riusci- remo a farlo, dovremo almeno essere capaci di riconoscere in noi tali comportamenti. Su questa base di carenza affettiva, sotto la spin- ta della moda new age, hanno preso piede mol- tissimi gruppi, corsi, incontri, dove la nota prin- cipale sembra essere l'"amore", che i conduttori e i partecipanti provano a manifestare. Gente che si abbraccia, piange le sue disgrazie su spal- le generose e, in questa atmosfera pascoliana, si sente rinata, perché forse rivive quelle esperien- ze infantili di affetto e calore che sono mancate. 2