I Meccanismi d' azione dei Farmaci June. 2015 | Page 623

calcio. In alternativa, la lesione delle terminazioni serotoninergiche potrebbe essere conseguenza della formazione di radicali liberi formatisi per l‘innappropriata captazione di dopamina da parte di tali terminazioni.L‘azione incrementale svolta dagli ambienti surriscaldati sulla attività farmaco-tossicologica delle sostanze ad azione psicoattiva in generale e delle anfetamine in particolare è stata oggetto della curiosità scientifica non solo dei farmacologi, ma anche degli etnografi. Il costume di assumere droghe in ambienti surriscaldati è stato infatti ripetutamente descritto in differenti contesti magico-religiosi, e più propriamente laddove il cosiddetto "calore magico" è ritenuto mezzo di comunicazione con il sovramondano . Parimenti di interesse etnofarmacologico, ma, in questo caso, con fini meramente ricreativi e di socializzazione, è l‘uso di masticare le foglie di Catha edulis, il cosiddetto khat, in ambienti surriscaldati. Il fatto che il khat contenga composti anfetamino-simili (catinone e catina) ben si accorda con tale uso. La letteratura farmaco-tossicologica ha infatti ripetutamente sostenuto che un aumento della temperatura ambientale potenzia gli effetti dei composti anfetaminici. E‘ stato dimostrato che il rilascio di neurotrasmettitore da parte delle anfetamine è facilitato da un aumento della temperatura ambientale. Di particolare rilievo è il dato, ripetutamente confermato, del potenziamento dell‘azione neurotossica delle anfetamine ad opera di incrementi anche modesti di temperatura. Nel caso specifico dell‘ MDMA, è stato osservato che alla temperatura di 26-30 °C, ma non a quella di 20-24 °C, dosi relativamente elevate (20-40 mg/kg) producono diffuse lesioni delle terminazioni serotoninergiche nella corteccia e nello striato. Tenuto conto che l‘ipertermia facilita la formazione di radicali liberi, appare comprensibile che il danno neuronale sia potenziato dall'aumento di temperatura e, al contrario, ridotto dall‘induzione dell‘ipotermia.D‘altro canto, le anfetamine sono ben note per i loro effetti assai complessi sulla termoregolazione, provocando in genere ipertermia , ma in particolari condizioni sperimentali anche ipotermia. Nel caso dell‘MDMA, si è ritenuto che l‘ipertermia, sovente presente nell‘intossicato acuto da ecstasy, fosse parte integrante della cosiddetta sindrome serotoninergica, tipicamente causata da sovraccarico di attivatori del sistema serotoninergico in corso di terapia antidepressiva e apparentemente connessa ad una eccessiva stimolazione dei recettori 5-HT1A . Più recenti studi hanno tuttavia dimostrato che in realtà, almeno nel ratto, l‘MDMA rende il soggetto poichilotermico, bloccando con meccanismo non noto la termoregolazione . Pertanto, l‘ipertermia da MDMA si svilupperebbe esclusivamente in ambienti surriscaldati, mentre in quelli freddi è da attendersi una risposta ipotermica all‘ecstasy. L‘importanza pratica di questa osservazione consiste nel fatto che una adeguata climatizzazione degli ambienti di consumo dell‘ecstasy ne potrebbe limitare considerevolmente la tossicità acuta e cronica. Alla luce di quanto esposto, l‘assenza di una componente fisica nello stato di dipendenza orienta il trattamento di divezzamento dall‘ecstasy o dalle altre anfetamine verso un approccio psicosociale finalizzato ad una svalutazione del prestigio della sostanza d‘abuso.Nel caso di intossicazione acuta, oltre la gastrolusi, particolarmente efficace se praticata entro un‘ora dalla ingestione, la terapia è largamente sintomatica. In caso di agitazione psicomotoria o di convulsioni, ci si rivolge alle benzodiazepine. La crisi ipertensiva è 623