I Meccanismi d' azione dei Farmaci June. 2015 | Page 47
avvelenamenti, la depressione dell'attività farmaco-metabolizzante del fegato che può
essere causata sia da lesioni parenchimali indotte dal tossico sia da squilibri
emodinamici che riducono la perfusione epatica.
L'attivazione farmacologica dei processi di detossicazione epatica è stata oggetto di
numerosi studi in prospettiva terapeutica. Il corredo degli enzimi farmacometabolizzanti può essere, in effetti, aumentato mediante somministrazione di
farmaci induttori, quali il fenobarbitale. Tale procedura, tuttavia, oltre ad essere non
priva di effetti secondari, richiede somministrazioni ripetute nell'arco di alcuni giorni,
cioè tempi troppo lunghi per essere compatibile con l'intervento d'urgenza nella
intossicazione acuta. Esistono induttori meno tossici, quali i flavoni, che agiscono
con rapidità in quanto attivano il corredo enzimatico pre-esistente. Non risulta,
tuttavia, che tali sostanze siano state oggetto di studio in relazione a possibili
impieghi in tossicologia clinica. Il processo opposto, cioè la manipolazione
farmacologica intesa ad impedire la generazione di metaboliti tossici è già da tempo
in uso nell'uomo. Un noto esempio è l'impiego dell'alcool etilico negli avvelenamenti
da metanolo o da glicole etilenico.
(d) Eliminazione L'eliminazione ha un ruolo centrale nella tossicocinetica clinica. La
terapia di molti avvelenamenti è principalmente diretta a sostenere le funzioni vitali e
a proteggere la funzionalità degli organi emuntori onde consentire la eliminazione
fisiologica del tossico. Nelle intossicazioni più gravi trovano talora impiego,
compatibilmente con le caratteristiche cinetiche del veleno, procedure specifiche
intese ad accelerare la rimozione della sostanza o dei suoi metaboliti dall'organismo.
Il calcolo della emivita plasmatica rende talora possibile la stima approssimativa dei
tempi necessari perché i livelli ematici della sostanza scendano nel paziente a valori
sub-tossici. Tuttavia, come già ricordato, molte sostanze presentano ad alte dosi
cinetiche di eliminazione non lineari a causa della saturazione del metabolismo e/o
della escrezione (Tabella I). In questi casi, il calcolo della emivita non ha alcun
valore pratico se non si dispone di dati certi sulla dose totale assorbita. Sul ruolo della
diuresi forzata e delle procedure extrarenali (emodialisi, emoperfusione) in
tossicologia clinica sono stati condotti numerosi studi .
Le biomembrane sono più permeabili alle sostanze non ionizzate che a quelle
ionizzate. Pertanto, per le sostanze eliminate dal rene, il riassorbimento nei tubuli
diminuisce quanto più il composto si presenta ionizzato nell'urina tubulare. Dato che
il grado di ionizzazione degli acidi deboli aumenta se questi si trovano in ambiente
alcalino e quello delle sostanze basiche aumenta nelle soluzioni acide, è possibile
incrementare l'escrezione renale dei tossici acidi o basici attraverso procedure che
determinano opportune variazioni del pH e del flusso urinario.
L'ingestione di tossici in quantità potenzialmente letali, la presenza di sintomi gravi,
il riscontro di livelli ematici straordinariamente elevati, la evidenza che i processi di
eliminazione sono saturati, la comparsa di deficit delle vie escretrici, i l progressivo
deterioramento dello stato del paziente nonostante la terapia intensiva sono tutte
condizioni che, in linea di principio, suggeriscono il ricorso alle misure drastiche di
eliminazione terapeutica, quali l'emodialisi e l'emoperfusione. Tuttavia, è spesso
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