I Meccanismi d' azione dei Farmaci June. 2015 | Page 200

potessero essere curate attraverso sostanze endogene prodotte dal corpo e, quindi, attraverso una risposta immunitaria del corpo stesso, aumentò il suo interesse verso gli agenti antimicrobici. Fu durante tali studi che, casualmente, scoprì nel 1928 una sostanza che presentava effetti antibatterici e che arrivò più tardi a chiamare penicillina. Egli, infatti, mentre era intento a pulire nel suo laboratorio, fu incuriosito da una piastra di petri con Stafilococchi che era stata inquinata da una muffa. Le colonie di questa muffa, che egli stabilì essere di Penicillium notatum, avevano causato una zona di inibizione della crescita degli Stafilococchi che stavano nelle vicinanze delle stesse. Fleming ipotizzò che la muffa avesse prodotto una sostanza letale per gli Stafilococchi, che era, appunto, la penicillina. Egli presentò il suo lavoro su questa scoperta nel 1929, pubblicando anche un articolo sul British Journal of Experimental Pathology ma le sue ricerche riscossero scarso successo. Tuttavia egli continuò a lavorare su questo particolare tipo di muffa per alcuni anni ma non sviluppò mai quello che poteva essere l'uso clinico della penicillina anche perché non era un chimico ma un batteriologo e, quindi, non fu in grado di arrivare alla sua purificazione. Il suo contributo alla scienza con la scoperta, seppur frutto del caso, di quello che sarebbe diventato un antibiotico di enorme utilità e i suoi studi successivi a riguardo trovarono riconoscimento nel 1945 quando fu insignito del premio Nobel insieme con Ernst Chain e Howard Florey. A trasformare, infatti, quella che per Fleming era rimasta una semplice curiosità batteriologica in uno strumento clinico di importanza immensa e ad aprire la strada per la produzione industriale della penicillina furono due ricercatori che lavoravano all'Università di Oxford. Qui gli studi sulla penicillina ripresero casualmente nei laboratori di patologia pochi anni dopo la sua scoperta. I due ricercatori erano l'australiano Howard Florey (1898-1968) e il tedesco Ernst Chain (1906-1979) che si interessarono di portare avanti, a partire da metà degli anni trenta, delle ricerche sull'importanza dei meccanismi di difesa dell'organismo contro particolari tipi di infiammazioni batteriche. Nel corso di questi studi si puntò di nuovo l'attenzione sul lisozima e si arrivò a purificarlo e a determinarne la natura del substrato. Proseguendo su questa strada Florey iniziò una ricerca sistematica sulle proprietà biologiche e chimiche di alcune sostanze antibatteriche, prodotte dai batteri e dalle muffe. Scoprì che alcune sostanze naturali funzionavano come efficaci antidoti contro i batteri, portando avanti il concetto di antibiosi, già sviluppato da altri ricercatori come Pasteur. Egli insieme ai suoi collaboratori scelse così di lavorare su questi prodotti nelle ricerche che doveva iniziare nel 1938. Durante tali ricerche, Chain, uno dei suoi collaboratori, ritrovò su vecchi articoli la sorprendente scoperta di Fleming e convinse Florey a permettergli di fare ulteriori studi sulla penicillina. I lavori dei laboratori di Oxford si concentrarono, quindi, su questo antibiotico e divennero famosi. Infatti i ricercatori riuscirono, per la prima volta, a produrre e a estrarre abbastanza sostanza, anche se ancora grezza ma già abbastanza concentrata, dal brodo di coltura della muffa. Questo permise di fare degli esperimenti di tipo farmacologico e tossicologico su topi e animali da laboratorio, nei quali era stata iniettata una dose letale di batteri. Si scoprì così il grande potere antibatterico della penicillina. Più tardi si arrivò a definire che la penicillina aveva una "tossicità differenziale" ossia, che, se somministrata in 200