Hegel_Elena.pdf Nov. 2014 | Page 35

soprattutto più distante dalla loro immediata verità interiore. Libertà, diritto, proprietà ecc. sono regole pratiche con cui abbiamo a che fare ogni giorno e che comportano anche, a parte quella immediata, una validità reale ed un’esistenza regolata”. Allo stesso modo Hegel procede nella classe superiore, facendo antecedere la psicologia empirica alla logica. Persino all’interno della logica Hegel inizia piuttosto con una introduzione psicologica, prima di trattare il pensiero puro. Il principio di iniziare la lezione di filosofia con l’astrazione non viene abbandonato con questo raggruppamento della materia. Pertanto all’interno dei singoli ambiti disciplinari si deve sempre iniziare, di volta in volta, con l’astrazione. Hegel propone di iniziare, anziché con la religione, come Niethammer aveva stabilito, con il diritto, “l’effetto più semplice ed astratto della libertà”. E della psicologia di Campe e di Carus egli critica l’approccio eccessivamente chiaro. Il problema, che mi pare stia dietro la richiesta di Hegel di un inizio astratto, è che le regole mentali tramandate, che fungono da strumenti della conoscenza, sono astratte e si possono conciliare come norme solo in quanto astratte. Altrimenti il carattere scientifico delle citate norme, idee, leggi, che agli studenti devono essere trasferite come strumenti mentali, va perduto. Questo pensa Hegel, quando definisce la via ‘dal sensibile-concreto all’astratto’, che i filantropi avevano proposto in termini empiristici, per quanto “secondo natura”, tuttavia proprio per questo come la via ‘non scientifica’. Così nella geometria la conoscenza di un cerchio non si procura attraverso l’analisi di immagini del cerchio pre-conosciute empiricamente, ma con l’aiuto immediato di un circolo si costruisce un cerchio astratto. Per questa osservazione è giusto che il modo di acquisizione dei concetti scientifici e di quelli comuni non sia identico. I concetti astratti delle scienze non possono essere assunti spontaneamente o percepiti in modo immediatamente sensibile, altrettanto poco il pensiero può essere appreso al di fuori del pensiero. Concetti scientifici e soprattutto filosofici possono essere trasmessi solo come astrazione. Qui si possono al tempo stesso vedere i limiti ‘della didattica hegeliana’. Come è legittima la distinzione fra ‘esperienza comune’ e ‘conoscenza scientifica’, così si rivela problematico il fatto che Hegel non ammetta trasposizioni di nessun tipo fra questi ambiti. Il compito della lezione scolastica, invece, “consiste nel collegare i concetti pratici dei ragazzi e di sviluppare ulteriormente questi concetti attraverso l’introduzione di concetti nuovi, astratti”. Proprio in questo consiste l’arte dell’insegnamento. Il fatto che Hegel intenda la specificità del pensiero filosofico nel senso di un mondo delle idee del tutto autonomo ed esprima questa idea come lo scopo didattico più alto della lezione, è chiaramente in relazione con la ‘sistematicità’ della ‘sua’ filosofia, nella quale si prescinde dal fatto che le astrazioni che si sviluppano sono il risultato di processi di astrazione pratici e teorici. Una lezione di filosofia che non voglia escludere tali processi, tratterà - con Hegel - lo sviluppo dei concetti generali, ma tenterà di determinare questo sviluppo non solo nella sua immanenza, bensì in rapporto con la storia del lavoro umano e della scienza”. Capitolo III: considerazioni critiche e attualità degli Scritti teologici giovanili Dal maggio all’agosto del 1829 Hegel tenne sedici Lezioni sulle prove dell’esistenza di Dio, una decisione che lasciò sconcertati non pochi contemporanei, ad esempio Goethe, ma che portava a compimento la vocazione profonda del pensiero hegeliano. Infatti, come abbiamo avuto modo di osservare, fin dagli anni giovanili lo sforzo di Hegel era stato di coniugare la scoperta del mondo moderno, la soggettività come fondamento della libertà, e i contenuti propri della religione cristiana: un problema che in quegli anni aveva avuto soluzioni diverse – in Jacobi, Schelling e Schleiermacher – e che in Hegel diviene l’occasione per mostrare come il movimento di Dio, in quanto “estrinsecarsi dello Spirito nella storia”, fosse lo stesso del movimento logico del concetto. Di qui il soffermarsi sulla prova ontologica di Anselmo, come se in essa si fosse mostrata nella sua purezza l’essenza del cristianesimo che è religione della libertà perché è manifestazione nel pensiero della potenza di Dio. Dio è pensiero in quanto è l’essere: un’identità che ancor oggi dà a pensare, fosse anche solo per cercare di smentire questa affermazione. Difficile ma affascinante si rivela allo studioso il pensiero hegeliano degli anni giovanili, in quanto noi lettori di oggi abbiamo ormai davanti agli occhi il quadro compiuto e ordinato della sua filosofia. Eppure proprio l’Hegel degli Scritti giovanili si presta a due letture antitetiche, a due interpretazioni contrapposte: è il teologo che aveva posto la religione in vetta al suo ‘sistema’ o è il padre del secolarismo e dell’antropocentrismo? È lui l’anima della rivoluzione che dal piano storico egli trasferisce a quello culturale, o è il conservatore chiuso ad ogni cambiamento per il quale il reale, essendo razionale, è già perfetto così com’è? Non è qui il luogo per optare a favore di una tesi e a sfavore dell’altra. Ricordiamo solo che per molto tempo Hegel è stato per lo più letto come colui che, con la sua filosofia, ha aperto la strada a pensatori come Marx e Feuerbach tanto per citare i due nomi più conosciuti della cosiddetta “sinistra hegeliana”, che hanno utilizzato, piegandolo ai loro intenti, il concetto dialettico hegeliano di cambiamento della realtà applicandolo alla struttura sociale, culturale, mentre solo in anni più recenti si è dato valore allo Hegel della “destra hegeliana” che aveva addirittura tentato di fondare una “scolast