letteralmente, “ciò che è posto”, o “imposto”. Conosciamo, ad esempio, l’espressione “diritto
positivo”, che riguarda leggi, statuti e regolamenti spesso scomodi, i quali ci impediscono di agire
secondo giustizia (cioè considerando di volta in volta ciò che è opportuno e giusto fare). Di fronte alle
norme del diritto positivo, il giudice, vincolato al rispetto del codice, deve trovare il modo di
avvicinarsi il più possibile alla giustizia, emettendo una sentenza. Anche il Cristianesimo possiede
questo aspetto della legge, del precetto restrittivo, ed è questo il punto critico che Hegel denuncia con
l’espressione “positività del cristianesimo”: egli vuole affermare la vitalità del comandamento
dell’amore e dell’eredità spirituale del messaggio cristiano.
Agli esordi del pensiero hegeliano, in particolare nei primi due scritti teologici raccolti e ordinati
cronologicamente da Nohl, c’è dunque la positività del Cristianesimo e la sua critica. Noi uomini in
tutte le situazioni che ci capitano, ci accorgiamo che il nostro amor proprio deve misurarsi anche con
l’esistenza degli altri, ma che tuttavia siamo anche in grado di superare questa distanza, questa
estraneità nei confronti del prossimo. In tal caso parliamo di esperienza dell’amore. La conosciamo, ad
esempio, nell’amore tra i sessi, che culmina nel prodigio per cui infine il corpo dell’altro abbandona
quell’estraneità testimoniata dal senso di pudore, dall’uso di coprirsi, dalla riservatezza, per fondersi
nell’unione amorosa di “una sola carne”, come insegna anche il Cristianesimo.
Questo era uno degli aspetti attraverso cui Hegel cercava di illustrare il senso più alto del
comandamento dell’amore, ridefinendo in tal modo i compiti della sua epoca culturale, nel rispetto
delle esigenze di una nuova consapevolezza, che si diffondeva ovunque con l’affermarsi della scienza:
non si deve cioè accettare ciecamente un precetto; è invece necessaria un’intima adesione, con la quale la
legge ci diventa tanto familiare e vicina quanto la persona amata, con la stessa intensità con cui l’uomo
e la donna formano un corpo solo, superando ogni estraneità fra loro. Ci troviamo così di fronte a
una delle esperienze più concrete in cui Hegel riconosce il concetto di ‘spirito’, una concezione che
può essere conforme alla dottrina dello Spirito Santo: la discesa dello Spirito Santo, il miracolo della
Pentecoste, ha proprio questo significato, cioè la formazione di una comunità in cui l’estraneità nei
confronti del prossimo viene superata nell’esperienza e nella volontà comune, nella quale
confluiscono le molte lingue di fuoco che rappresentano il miracolo della Pentecoste in innumerevoli
raffigurazioni pittoriche.
L’amore è vita: il concetto hegeliano di vita .
Il giovane teologo è dunque un pensatore assai concreto. Per lui l’amore è vita. Ma che cos’è la vita?
Qual è il mistero della “vitalità”? Dice Gadamer, a proposito di questo concetto presente negli scritti
giovanili di Hegel, alla cui lettura e al cui studio si appassionò molto, che di fronte a un enigma si
possono dare tante risposte, e poiché la vita è appunto un mistero, la religione ritiene pressoché ovvio
che essa sia un dono divino e non un’opera dell’uomo.
È innegabile che il miracolo della nascita e il segreto della morte non rappresentano soltanto i confini
entro cui si inscrive la vita dell’uomo, bensì la accompagnano in ogni istante, facendone quel miracolo
che è l’esistenza. Essa è come un filo ininterrotto, a cui siamo appesi continuamente, dalla nascita alla
morte. “La vita è la capacità di ritornare a sé”, dice Hegel ed è suo un celebre detto sul quale si dovrebbe
meditare “Il segno di distinzione della vita e dello spirito è che le sue ferite guariscono senza lasciare piaghe, senza
tracce di lesione”. È una frase importante, che fa luce davvero sul miracolo della vita, sullo spirito
vivente.
Da audace pensatore qual era, Hegel cercò di mostrare che anche le alienazioni più gravi possono
essere superate e guarite. Una delle più radicali è rappresentata, senza dubbio, per una società
moderna dotata di un codice di leggi, dalla punizione del delinquente. Perciò, al centro di uno degli
scritti giovanili di cui stiamo parlando si trova questo problema: “che cos’è la punizione e che cos’è il
crimine?”
E qui emerge e ritorna il concetto di destino e della sua forza.
Hegel parla ora del crimine come di un’alienazione, una perdita della solidarietà della società di diritto in
cui tutti viviamo e dice che attraverso la punizione avviene “la ricomposizione tra il crimine e l’ordine
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