«Adesso il pregiudizio è diminuito, ma quan-
do ho cominciato a lavorare mi è capitato di
subire mobbing per via dei miei tatuaggi» rac-
conta Misha Sukyas, chef milanese che vanta
diversi tatuaggi sul corpo. «Una volta la classe
dirigente era più bigotta e chiusa, ora invece
ha la mia età e quella visione stantia non le
appartiene più: si tende a giudicare il prodot-
to finale, indipendentemente da chi lo crea e
dal suo aspetto».
Gli fa eco Eugenio Roncoroni, chef e patron del
gruppo milanese Al Mercato, che comprende
Ristorante gastronomico, Burger Bar e Noodle
Bar: «parecchia della mia vita professionale si
è svolta in California, dove la mentalità è più
libera e aperta; tornato in Italia avevo già una
levatura che mi ha permesso di superare i tabù
ancora presenti. Ai ragazzi giovani direi però di
non avere fretta: il tatuaggio è sì stato sdoga-
nato, ma in strutture come gli stellati o i gran-
di hotel permane un rigore ‘fisico’ che a mio
parere è giusto preservare. Tatuarsi le mani o
il viso per un vezzo personale, senza un pen-
siero retrostante o un curriculum ben definito
potrebbe sia creare problemi sia vanificare gli
SIMBOLOGIA
La chef Marianna
Vitale sfoggia sul
braccio un sacro
cuore ‘avvolto’
dal tentacolo
di un polpo, a
rappresentare un
ringraziamento
alla vita e la sua
passione per la
cucina e per il
mare. A destra,
un dettaglio dei
tatuaggi di
Diego Rossi
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