Grande Cucina Settembre/Ottobre 2019 | Page 74

LA SALA I FOCUS OSSA IN VISTA Suili Zhou e Kin Cheung di MU Dimsum e un piatto di Feng Zhua (zampe di gallina) li odia», racconta Ritu Dalmia, la celebrity chef indiana dei milanesi Cittamani e Spica. «Secon- do me ci si posiziona in maniera così decisa e perentoria per questioni legate principalmente all’odore, alla consistenza e all’aspetto: il gusto arriva dopo, e sia che si ami o meno un determi- nato ingrediente, la maggior parte delle decisioni viene presa molto prima che questo venga mes- so in bocca». Entra in gioco anche un discorso culturale, spiega Dalmia, poiché «se in Italia non di rado mi viene chiesto di eliminare l’aglio o il coriandolo dai piatti, nel mio ristorante italiano in India accade la stessa cosa con i pesci dal sa- pore forte o col formaggio erborinato». Le fanno eco Suili Zhou, titolare, e Kin Cheung, Executive Chef di MU Dimsum, ristorante di cuci- na tradizionale cinese a Milano: «abbiamo notato reazioni contrastanti verso le puntine di maiale; le zampe di gallina; il Black Char Siu Bao (panino nero al vapore ripieno al maiale bio caramellato, Ndr.), forse per via del suo colore e di quella sensa- zione di ‘sabbietta’ data dal carbone vegetale; l’O- smanto Egg (uovo affumicato con foie gras, Ndr.) e il riso glutinoso, a causa della loro consistenza». Il motivo? Un blocco psicologico o un pregiudizio, ipotizzano i due ristoratori: «le zampe di gallina appoggiano a terra e creano così una barriera men- tale, mentre alcuni clienti non riescono ad accetta- re l’idea di assaggiare un cibo nero, come il Black 72 Char Siu Bao. Le donne italiane non amano cibi da masticare troppo e dove è necessario sputare le ossa – vedi le puntine di maiale o le zampe di gallina –, un’azione che invece per le donne cinesi è del tutto normale». Le nostre personali idiosincrasie sono pure frutto di mode passeggere e di una scarsa conoscenza degli alimenti, sottolinea Daniel Canzian, mente creativa e patron dell’omonimo ristorante milane- se: «il 90% delle persone è convinto che il mare sia popolato da branzini, orate, scampi, astici e gambe- roni; pochissimi sanno cos’è un pesce sciabola, una palamide, una sarda, un’alalunga. Le mode fanno veramente tanto in tal senso, perché creano del- le tendenze a causa delle quali diversi ingredien- ti divengono meno commerciali e dunque meno ‘accettati’: succede col piccione; col rognone; col risotto alla certosina, che prevede l’utilizzo della polpa delle rane». L’impianto culturale è importan- tissimo, perché «viviamo in un’epoca in cui siamo disposti ad assaggiare qualsiasi cosa – dal poke al sushi brasiliano, arrivando agli insetti essiccati – eppure continuiamo a storcere il naso di fronte alle frattaglie». Un ruolo fondamentale, va da sé, lo rivestono tec- nica e cottura: assaggiamo una volta un cibo cotto male, non ci piace, siamo restii a regalargli una se- conda chance. «In generale non diamo tante possi-