I CIBI DELLA
DISCORDIA
Alcuni cibi dividono peggio di un derby
calcistico: dal coriandolo all’agnello,
passando per frattaglie, rane e cicoria,
la lotta tra hater e sostenitori avviene
su un campo in cui entrano in gioco
cervello e genetica
di Marianna Tognini
I
l più bistrattato di tutti è il coriandolo, protago-
nista di una pagina Facebook con più di 211mi-
la fan – I Hate Coriander – che lo infamano
più o meno quotidianamente a suon di foto,
meme e video. Gli hater gliene dicono di ogni: che
sa di saponetta; che chi lo utilizza dovrebbe finire
in galera; che è la causa dei mali del mondo; che
andrebbe fatto sparire dalla faccia della terra. Esi-
ste pure un merchandising composto da t-shirt,
felpe, cappellini e portachiavi che riporta la frase
‘I hate coriander’, oltre a fantasiose declinazioni:
‘Coriander ruined my meal’; ‘Eat, sleep, hate corian-
der, repeat’; ‘Coriander has fucked more tacos than
Ron Jeremy’ (noto attore porno, Ndr.).
Certo, sfogare le proprie frustrazioni augurando
un destino di patimenti a una pianta attraverso
i social la dice lunga sul livello attuale dell’u-
manità, ma ben rappresenta la complessità di
sentimenti che spesso nutriamo nei confronti
di determinati cibi.
Ph. Giandomenico Frassi
Un derby Milan-Inter non è nulla a confronto:
agnello, maiale, frattaglie, coda di rospo, rane, ci-
coria, nero di seppia e compagnia bella – oltre a
dividere le tifoserie e scaldare parecchio gli ani-
mi – pongono gli chef di fronte a quesiti che ose-
remmo definire esistenziali, e che ricevono diverse
interpretazioni a seconda dei casi. «La seppia, le
frattaglie, il coriandolo, l’agnello, l’indivia e la ci-
coria sono molto ‘polarizzanti’: la gente o li ama o
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