e simboli della classicità delle grandi tavole: dalla
tovaglia, lunga e candida, alle cloche, alla cocotte
per le cotture.
Uno chef in Valle d’Aosta
La Regione in cui Griffa ha scelto di lavorare è uno di
quegli ambienti che rappresentano qualcosa di più
di una semplice cornice naturale gradevole e pitto-
resca. I radicali cambiamenti tra estate e inverno
sono determinanti sull’aspetto di montagne, vallate,
foreste; anche l’esistenza quotidiana di un hotel di
assoluto comfort e del suo ristorante non sono esen-
ti da questa influenza. Al Petit Royal la cesura tra
le stagioni è netta: l’alta stagione invernale da una
parte e una calma relativa d’estate dall’altra. La cuci-
na d’inverno diventa più classica, ricca e di matrice
francese, racconta lo chef: è più difficile reperire le
materie prime vegetali, sono pochi gli allevamenti
e la cacciagione la fa da padrone. L’estate invece è
un’esplosione di colori e di profumi, la preferita di
Paolo: appassionato di erbe spontanee (l’aglio orsi-
no è un suo pallino) d’estate trova clima e fioriture
che assecondano la passione di raccoglierle e uti-
lizzarle, nel rispetto dei rigorosi disciplinari della
forestale e con il desiderio di riuscire a creare un
proprio spazio di erbe aromatiche. In Valle D’Aosta,
dai 2000 metri fino alla bassa valle, la biodiversità
è pressoché infinita, una Regione che solo di pa-
tate offre circa 80 varietà. Un patrimonio naturale
che Paolo non immaginava all’inizio e di cui si sta
IN ALTA QUOTA
Due ritratti di Paolo
Griffa in cucina
e uno dei tavoli
affacciati sulle Alpi
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