GRANDE CUCINA 03-2025 | Page 35

zialità. Chiede a Daniele di fare cucina di mercato. Ma mercato vero, quello del Rialto, a pochi passi dal ristorante. Una zona ancora intatta, che resiste agli strapazzi del turismo di massa. Ci sono ancora il macellaio( la beccheria), l’ erbaria, la pescheria. E c’ è La Dogaressa. Irina è curiosa e mattocchia, Daniele diventa rapidamente il suo complice per scorribande gastronomiche che fanno lievitare le quotazioni del Vecio Fritolin fino al farlo diventare la casa di artisti e celebrità assortite, compreso François Pinault, che li sceglie per i catering a Palazzo Grassi. E Irina chiede a Gabriele Bisetto di occuparsi degli allestimenti floreali.
Da elemento decorativo a ingrediente
Racconta Zennaro: « A Gabriele non bastava metter giù fiori per bellezza. Un giorno è arrivato al Fritolin con venti magnolie grandiflora. Mi dice,“ sono commestibili, fai tu”. Ho impiegato dieci giorni per trovare la quadra. Li ho messi sottovuoto con sciroppo alla vaniglia e poi pastellati e fritti. Coi fiori bisogna stare molto attenti, perché se sbagli a trattarli, la catena aromatica diventa amarotica e ti sei giocato il piatto. E invece hanno avuto un successone. Non ci siamo più fermati ». Bisetto ricorda molto bene quell’ inizio un
po’ sgangherato. « In effetti, ci siamo trovati tra matti. Entravo in cucina con secchiate di erbe che lui magari conosceva ma non praticava, tipo la porcellana di mare, il farinaccio( parente medievale della quinoa), il finocchio di mare di cui già parlava Senofonte, e poi l’ erba stellaria, la silene, la linula che cura anche i dolori. Tutte sfumature di un unico universo vegetale con doppia valenza: arricchire piatti poveri e curare. Gli uomini le consideravano erbacce e le estirpavano. È grazie alle donne che la tradizione è continuata, col bel risultato che le mettevano al rogo perché conoscevano il potere salvifico delle piante. In tempi in cui gli uomini mandavano via i vermi bevendo improbabili distillati, le donne usavano il santonico, che ingerito può essere tossico, ma utilizzato come cataplasma era un ottimo vermifugo anche per i bambini ». Dopo sette anni senza respiro, Daniele lascia il Vecio Fritolin per tirare il fiato, concedendosi prima una consulenza e poi un passaggio al Baglioni. Lo stesso ha fatto Irina, che ha chiuso il ristorante in tempo di Covid e oggi condivide esperienza e saperi con i ristoratori più giovani. La nuova casa di Zennaro si chiama Algiubagiò- acronimo delle iniziali dei soci fondatori- a Fondamente Nove, un bel mix di design e morbidezza, dove la cucina ha la
faccia del suo cuoco: radicata e curiosa, golosa e misurata. « Questo posto vive in due tempi diversi. D’ inverno i turisti latitano, i veneziani hanno poca voglia di uscire. E allora studio, ricerco, sperimento, preparo farine, sottoli, macerati, fermentati … D’ e- state tutto diventa vociante e colorato, c’ è un cambio repentino di clientela. Non rinnego la voglia di provare tanti piatti diversi, ma so anche rispettare i gusti dei clienti. Gli americani, per esempio, e parlo anche dei più curiosi, hanno bisogno di una parte di comfort food, tipo il cubo di ricciola salsa tonnata e misticanza con germogli. Comunque, in metà dei miei piatti ci sono le erbe di barena, che rappresentano un elemento imprescindibile della mia cucina. Anche grazie a Gabriele ». Il quale, per parte sua, dopo aver messo a regime coi figli vivaio e ristorante a Treporti, si diverte a recuperare varietà antiche di fiori e frutta, a settembre inaugurerà un glamp- il nuovo trend vacanziero anglosassone, il cui nome è una crasi di glamour e camping- composto da una decina di tende green & chic, attrezzate con materassini aromatici. In più, a breve aprirà un Food Club dove, oltre alla vendita di erbe e fermentati, amici cuochi- a cominciare da Zennaro- si alterneranno ai fornelli per cucinare la laguna. Con vista sul tramonto, of course.
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