Proviamoci. La nuvola di caprese. Pensate: cosa c’ è di più comune di mozzarella e pomodoro? Il valore aggiunto è stato l’ utilizzo della pelle di latte. La scala dei Turchi che racconta un paesaggio marino fatto con i ricci di mare. Il polpo sulla roccia. Con l’ acqua della cottura del polpo si ottiene una roccia croccante. Ho dato solidità a ciò che in origine era liquido. Il quadro di alici: un piatto con un ingrediente di poco valore che nella ristorazione spesso non è considerato. Io ho messo le alici in un quadro per renderle preziose e per dare dignità al lavoro dei pescatori. Il battutino di gambero rosso e maionese di bottarga. Oggi lo si vede in giro dappertutto, forse dovrei chiedere i diritti d’ autore! Memoria visiva. Un piatto evocativo con il tonno che ricorda e sostituisce la fettina di carne che le mamme fanno ai bambini, al centro il seme del limone che le mamme non si preoccupano di togliere, ma che rappresenta tutto il loro amore. L’ imperfezione perfetta della mamma. Trasparenza di un calamaro che mi ha permesso di lavorare sulla destrutturazione dei molluschi. Così ho potuto valorizzarli e renderli sostenibili. Un lavoro simile l’ ho fatto con l’ uovo di seppia. Sole e vento. L’ idea è quella di un pane cunzato con gli ingredienti della dispensa, il tonno in conserva, le acciughe sotto sale, la bottarga e poi tutto quello che la campagna offre dai carciofi ai capperi ai pomodori secchi. |
La pizzaiola: un merluzzo all’ affumicatura di pigna con il condimento alla pizzaiola, con patate, pomodoro e origano. Un pesce comune che si dava ai bambini, ai malati agli anziani, l’ ho messo in carta e ha avuto subito successo. La giostra mediterranea, un raviolo che racconta il viaggio di un cuoco che come un’ ape va alla ricerca degli ingredienti del territorio. Dalla mandorla al pomodoro Siccagno, dal basilico alle lenticchie di Ustica, il miele di pomodoro.
Qual è il suo piatto meglio riuscito?
Credo l’ uovo di seppia. Ho dato forma alla seppia creando, attraverso l’ uovo, la perfezione.
E il piatto che invidia a un collega?
Più che un piatto, invidio il lavoro fatto da Ferran Adrià negli scorsi anni, che ha cambiato totalmente il nostro lavoro. Adrià è stato per i cuochi contemporanei quello che sono stati Marchesi o Bocuse per gli chef con qualche anno in più. Grazie a lui abbiamo capito che da uno sbaglio può nascere una cosa nuova. Ha portato una ventata nuova di idee, ha dato a noi tutti gli strumenti per interpretare la cucina della tradizione in maniera creativa.
Cosa vuol fare da grande?
Il cuoco. Quando ci fu il lockdown ed eravamo chiusi in casa e potevamo dedicarci alle nostre passioni e a quello che non potevamo
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PINO CUTTAIA Ai giovani di oggi consiglio di formarsi bene, ma senza fretta di imparare, perché un cuoco ha bisogno di costruire mattone su mattone il suo sapere gastronomico
fare quando non avevamo tempo, ho provato a darmi alla lettura, alla musica, alla pittura. Ma ho capito che per me non avere tempo era solo un alibi perché alla fine, qualunque cosa facessi, mi annoiavo e finivo sempre per mettermi ai fornelli. Quindi da grande vorrei fare il cuoco ma meglio di come l’ ho fatto sinora. Perchè oggi il cuoco ha una grande responsabilità sociale, è un custode delle tradizioni, di prodotti che vanno scomparendo e che non si usano più, è ambasciatore di un territorio, conserva la memoria, l’ identità, le radici.
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