GRANDE CUCINA 03-2025 | Page 22

STORIA DI COPERTINA
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Ritratto di seppia
di regalare un voucher ai loro genitori perché pensano che la mia cucina possa essere apprezzata anche da loro.
Secondo lei, come molti sostengono, è davvero morto il cosiddetto fine dining?
Penso che sia leggermente in crisi perché ha dei costi sempre meno accessibili ai più. Soprattutto sono cambiate le abitudini, oggi si esce tutte le sere, infatti molte aperture degli ultimi tempi, riguardano proprio posti meno impegnativi, come osterie o bistrot. Ricordiamoci che un tempo, neanche troppo lontano, al ristorante si andava la domenica e nei giorni di festa, ecco io penso che in futuro i ristoranti fine dining saranno i ristoranti delle grandi occasioni.
Anche lei ha scelto di aprire locali più accessibili come Uovo di seppia...
Visto che oggi si esce tutte le sere, c’ è la necessità di posti semplici in cui mangiare un cibo domestico fatto bene, piatti che magari a casa non si mangiano più.“ Uovo di seppia” è un progetto quasi di responsabilità sociale, di difesa del patrimonio gastronomo siciliano, ogni locale è un posto in cui trovare piatti come gli anelletti al forno o la pasta con le sarde. Con i miei soci abbiamo un laboratorio di produzione a Cammarata in cui vengono realizzati i sughi, i pomodori essiccati, le passate e tutto quello che può servire per il
nostro format, che ad oggi è presente a Milano e Palermo, ma ne seguiranno altri. Io mi occupo della formazione e della supervisione di tutto il personale. Gli chef resident sono in contatto continuo con me.
Da decano della ristorazione, che consigli si sente di dare a chi entra oggi in questo mondo?
Consiglio certamente di metterci sempre tanta passione e di intraprendere questo lavoro solo se lo si ama davvero, perché è impegnativo sotto tutti i punti di vista. Economicamente, per la famiglia, perché bisogna essere aggiornati su quello che accade, perché richiede grandi sacrifici.
E per la formazione?
Io sono autodidatta, non ho fatto una formazione specifica, tutto in me nasce dall’ educazione familiare. Ai tempi miei non esistevano istituti seri, c’ e- rano solo gli istituti alberghieri. Ai giovani di oggi consiglio di formarsi bene, ma senza fretta di imparare, perché un cuoco ha bisogno di costruire mattone su mattone il suo sapere gastronomico. Io cerco di dare il mio piccolo apporto a chi lavora da me. Per esempio per i pasti del personale cerco di realizzare i classici della cucina siciliana, piatti che magari in casa non si mangiano più, così da contribuire, anche se in piccola parte, alla costruzione di quel sapere.
La scala dei turchi @ Gabriele Zanon
Ha degli allievi a cui è particolarmente legato?
Molti. Per esempio ho lavorato con tanti ragazzi giapponesi che si sono trovati bene da me perché vedevano delle somiglianze tra il Giappone e la Sicilia: lo stesso rispetto per la materia, la stessa cultura delle tradizioni. Due di loro hanno aperto locali a Kyoto, uno lo ha anche chiamato Licata. Altri, invece, sono in giro per l’ Italia, in Lombardia, a Pescara. La mia soddisfazione è che si rendano conto, quando vanno via, che il rigore che gli ho trasmesso, che magari all’ inizio facevano fatica a comprendere, fa la differenza e può aiutarli davvero nel loro percorso. Qualunque cosa decidano di fare.
C’ è qualcuno a cui deve dire“ grazie”?
Devo ringraziare tutti i giornalisti del settore che agli inizi della mia attività sono venuti fino a Licata. Da Enzo Vizzari a Marco Bolasco, da Luigi Cremona a Fausto Arrighi che hanno creduto in me e nella mia incoscienza, che sono riusciti a vedere cose che io all’ inizio non riuscivo a vedere.
Ci racconta i 10 piatti più significativi di questi 25 anni de La Madia?
Molti colleghi dicono dei miei piatti che sono iconici, che non assomigliano a quelli di nessun altro e che la gente li ricorda. Che è un bel complimento.