GRANDE CUCINA 02-2025 | Page 85

DARIO GUIDI ANTICA OSTERIA MAGENES( BARATE – MI)
« Definire la mia cucina con un aggettivo è molto complicato, la parola che più si avvicina a quello che abbiamo in mente è“ dinamica”, in cerca di spunti sia dal passato sia dal presente. Una cucina che non vuole vincoli, ma che ha come obiettivo il piacere rendendo il commensale partecipe del nostro progetto e percorso. Una cucina libera ».
Ricerca e innovazione che ruolo ricoprono nella tua
filosofia culinaria? « Inizio col dire che sono grandi parole, penso che stiamo
attraversando un periodo dove più nessuno“ inventa” nulla, anzi c’ è molta tecnica ma senza la conoscenza della storia. Si stanno facendo cose che sono sempre esistite, ma cambiandone i nomi o usando termini più tecnici. Per me il punto di partenza è sempre nella nostra cultura e nel nostro passato, da lì comincia una ricerca su ciò che vogliamo proporre in un determinato periodo dell’ anno ».
Puoi fare un esempio in tal senso? « Un piatto che sta riscontrando la curiosità della clientela è il
mio omaggio a Enzo Jannacci e al suo Messico e nuvole: una bavarese alle olive taggiasche con gelato allo zafferano, una dacquoise con i tratti di una maschera Maya; terminiamo al tavolo con una miscela di liquirizia che viene montata con l’ e- lio davanti ai clienti, così da formare una nuvola che facciamo fluttuare sopra il piatto e che si scioglie su di esso ».
Cosa ti incuriosisce rispetto a novità o tendenze? « Sono molto attratto dai libri di cucina, soprattutto vecchi, ne
ho veramente tanti e penso che le tendenze e il futuro siano lì dentro. Come le mode, le stagioni, i pantaloni a zampa, le canzoni, nella vita tutto ritorna e questo accade anche in cucina ».
STEFANO PINCIAROLI PS RISTORANTE( CERRETO GUIDI – FI)
« In cucina prendo ispirazione dalle radici culinarie toscane, reinterpretandole con tecniche moderne e abbinamenti inaspettati. Ogni piatto nasce con l’ intento di esaltare la materia prima, rispettandone l’ essenza e i sapori autentici. Si tratta di ingredienti per la maggior parte locali e stagionali, provenienti direttamente dall’ azienda agricola biologica di Villa Petriolo, dove si trova il mio ristorante. Credo fortemente nella sostenibilità e nell’ importanza di ridurre l’ impatto ambientale, senza mai compromettere la qualità e l’ esperienza gustativa. Mi piace giocare, scoprire nuovi abbinamenti e trasformare la tradizione in qualcosa di sorprendente senza snaturarla ».
Cultura gastronomica del territorio, ma anche ricerca e
innovazione? « Certamente, sono fondamentali perché rappresentano il ponte
fra la tradizione e il futuro. Senza ricerca non c’ è evoluzione e senza innovazione la cucina rischia di diventare statica. L’ innovazione si traduce nel mio pensiero attraverso l’ equilibrio tra memoria e creatività ».
E un piatto innovativo che hai in carta? « La“ Rapa Cadabra”, un gioco di sorpresa e trasformazione che
esalta le cime di rapa in tutte le diverse sfaccettature. Il primo livello del piatto presenta le foglie di cima di rapa fresche, saltate con olio e sale. A contrasto, le punte di cima di rapa cotte in sottovuoto con sale bilanciato, poi impanate e fritte per aggiungere croccantezza. Infine, le coste e i gambi vengono sottoposti a una fermentazione malolattica, che ne esalta la parte acida e croccante. Una volta terminato il primo livello, il cliente solleva la parte superiore del piatto e scopre la vera magia: un flan di cime di rapa, morbido e vellutato, accompagnato da un croccante di pane al limone e timo. A completare il tutto, un sifone realizzato con l’ acqua vegetativa di cottura delle rape, un concentrato di essenza pura dell’ ingrediente.“ Rapa Cadabra” non è solo un piatto, ma un’ esperienza, un omaggio alla cucina sostenibile e alla sperimentazione ».
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