GRANDE CUCINA 02-2025 | Page 70

GIOCO DI SPONDA

COME NASCE UN DESSERT DA RISTORAZIONE? GRAZIE A UNA CONTINUA RICERCA E A UN GRAN LAVORO DI SPERIMENTAZIONE, MA GRAZIE ANCHE AGLI INCONTRI CON GRANDI MAESTRI E PROFESSIONISTI, COME QUELLI CHE FRANCESCO DE PADOVA E VINCENZO DIGIFICO HANNO FATTO SULLA LORO STRADA
CONVERSAZIONE SUL DOLCE
70 ntrambi poco più che trentenni e di origini pugliesi, Francesco De Padova e Vincenzo Digifico hanno

E avuto due percorsi molto diversi. Mentre De Padova è cresciuto professionalmente in una delle cucine più dinamiche e mediterranee d’ Italia, la Torre del Saracino di Gennaro Esposito, per arrivare ad affiancare Rocco De Santis al Santa Elisabetta di Firenze, Digifico ha girato tra Alain Ducasse, al The Dorchester, e Paco Pérez al Restaurant Miramar di Girona, prima di tornare in Italia e unirsi alla squadra di Nicola Annunziata nel ruolo di pastry chef a I Portici di Bologna.

Chi è secondo te un pasticcere da ristorazione e che
caratteristiche deve avere? Francesco De Padova: Il pastry chef è un elemento fondamentale
della brigata di cucina, suo è il compito di fare una sintesi dello stile e della filosofia dello chef in chiave dolce. Deve padroneggiare le tecniche di pasticceria e di cucina e conoscere molto bene le materie prime. Vincenzo Digifico: A mio parere, il pasticcere da ristorazione è la figura che deve fare da collante tra la parte salata e quella dolce, provando a trovare il giusto equilibrio tra la propria idea e quella dello chef rispetto al menu. Parlando di caratteristiche, sono convinto che un dessert da ristorazione debba possedere un’ armonia in fatto di colori, sapori e consistenze. E non si tratta di un lavoro semplice, necessita di uno studio particolare, soprattutto perché strutturato su pochi elementi. Nel mio caso tre principalmente.
Raccontaci la tua idea di pasticceria F. D. P. Il mio modo di realizzare dessert è cambiato molto in questi
anni di lavoro. Quando ho cominciato pensavo che un dolce dovesse essere goloso e piacevole, poi con il tempo ho capito che un dessert servito a fine pasto non deve essere eccessivamente dolce, ma deve invece essere equilibrato. Mi piace giocare con la frutta, le verdure e gli ortaggi e inserisco sempre elementi di sapidità nelle mie creazioni. Sono cresciuto nel ristorante di famiglia e all’ alberghiero ho studiato da cuoco quindi so bene quanto possa essere importante l’ elemento sapido in un dolce. V. D. La mia idea è a“ mano libera”, ovvero libera di poter esprimere qualsiasi tipo di concetto. Non mi focalizzo sulla geometria dei piatti, anzi la evito proprio, così come le forme particolari. Diciamo che l’ e- sperienza spagnola, anche in questo, ha lasciato un segno. Mi piace prima lavorare su un ingrediente e poi sull’ impiattamento. Non mi di Lydia Capasso precludo niente.
Come nascono le tue creazioni? F. D. P. Parto sempre da un prodotto di stagione che cerco di declinare in vari modi e di abbinare ad altri elementi. Poi cerco di capire cosa posso fare per rendere quel dessert perfetto, l’ inserimento di una consistenza o l’ utilizzo di una determinata tecnica. Per esempio in questo periodo ho pensato a un dolce con i piselli, li ho canditi, li ho polverizzati e ho abbinato il bergamotto. V. D. Le mie creazioni nascono in modo strano e divertente. Non mi piace soffermarmi a pensare a cosa devo fare, mi lascio trasportare dal momento e dallo stato d’ animo. Al ristorante ci diamo delle tempistiche in cui presentare i piatti, io cerco sempre di utilizzare tutto il tempo a disposizione per non sforzare l’ idea. Ecco, non sforzo nulla, voglio lasciare fino all’ ultimo il momento dello stupore. A livello di processo creativo, sicuramente seguo la stagionalità, poi decido tre ingredienti, uno dei quali fondamentale, e da lì battezzo gli altri due ingredienti che servono per supportarlo. Tutto deve nascere in modo spontaneo.
Come si struttura il tuo momento dessert? F. D. P. Al Santa Elisabetta proponiamo 4 dessert, due sono alla carta
e due sono nel percorso degustazione. Per ognuno di loro ho studiato un predessert in abbinamento, una sorta di anticipazione che ha già in sé le note che l’ ospite potrà ritrovare nel dessert vero e proprio. Alcuni, poi, come il soufflé sono divisi in tre o quattro portate e tutti sono completati a tavola con l’ aggiunta di una salsa, una quenelle di gelato o una granita azotata. Serviamo sempre un cocktail, un’ infusione o un estratto come accompagnamento. Nella piccola pasticceria abbiamo 5 elementi, 3 della tradizione, siamo in Toscana e possono essere per esempio un panforte, un cantuccio o uno zuccottino, altri due elementi, invece, sono più innovativi o legati a festività e ricorrenze. V. D. Al ristorante abbiamo tre menu degustazione, quindi tre dolci alla carta, più pre-dessert e piccola pasticceria. Mi piace cambiare e con lo Chef Nicola Annunziata lavoriamo in base alla stagionalità: quindi 4 menu nel corso dell’ anno, nei quali vario ogni volta tutti i dolci. In generale amo sperimentare, mettere in pratica altre visioni meno consuete o comuni. Il pre-dessert è sempre costruito da pochi elementi, circa due, immancabilmente con la nota fresca. Deve essere un anticipo di ciò che verrà. Ad esempio, attualmente sto lavorando con finocchio e zenzero. Il dessert nasce dopo aver parlato e osservato quello che fa lo chef, poi vado a costruire le mie proposte mantenendo un filo