dovrei rifiutarmi di farlo ? Il nostro obiettivo è unicamente regalare un ’ emozione : noi vogliamo accontentare tutti , anche solo semplicemente perché , se abbiamo la capacità e i mezzi , non c ’ è motivo di sottrarsi dall ’ accettare l ’ imprevisto che ogni persona incarna . Così si creano rapporti duraturi , fatti di fiducia e appagamento reciproco . C ’ è un signore che dal martedì al venerdì viene qui , tutti i giorni . È la più grande soddisfazione possibile vedere un amore simile in un ospite . Questo è possibile non soltanto dimostrando una grande professionalità tecnica , in cucina come in sala , ma soprattutto applicando al lavoro umanità e attenzione . La cucina è il 40 %, poi il resto è l ’ attenzione agli ospiti . Questa è la ristorazione , almeno secondo me . Il successo del ristorante è dato unicamente il rispetto dell ’ altro , dalla capacità di far sentire il prossimo come una persona a noi familiare , unica . Tengo a precisare che la nostra idea di fine dining è completata dalla presenza del nostro cocktail bar e ristorante più casual , il Mandarin Garden . Sia qui che a Seta cerchiamo di creare un ’ atmosfera informale , priva di tensioni dovute a un ’ osservanza troppo rigida delle etichette . Gli ospiti dell ’ hotel , per esempio , frequentano moltissimo il Garden . È un ambiente casual ma esclusivo , con una dinamicità che ben si accorda ai ritmi e alle esigenze dei residenti dell ’ albergo . |
Quindi anche il menu rispecchia il feedback che ricevete dagli ospiti ? Qual è il processo creativo e decisionale che sta dietro ai piatti ? AG : Sì , senza alcun dubbio . Sono tante le ragioni per cui durante il ciclo di vita di anche solo un singolo piatto della carta si verifichino cambiamenti radicali e trasformazioni . Certamente il feedback di chi assaggia e la frequenza con cui viene ordinato sono due elementi che noi teniamo fortemente in conto . Per me la cucina vive di cambiamenti : è importante non adagiarsi su una staticità creativa , perché così non è possibile alzare l ’ asticella . Per questo cerchiamo sempre di fare attenzione nel dare un senso ai nostri percorsi degustativi : la concordanza con il ciclo delle stagioni è già di per sé un fattore che induce al rinnovamento dei menu . Un altro elemento è l ’ estro personale , la voglia di sperimentare un piatto o una materia prima , magari esplorandola |
lungo un intero percorso di degustazione . MT : Infatti è per questo motivo che oltre ai due menu fissi - La via del Seta e Qui e Ora - ogni 4-5 volte l ’ anno si alternano diverse proposte stagionali , dove fanno sempre largo forti novità , ovvero le ultime innovazioni che lo chef e i ragazzi della cucina hanno creato . AG : Solitamente variamo molto : il mondo vegetale è imprescindibile per l ’ estate ; la cacciagione resta un must per l ’ autunno . Nel tempo abbiamo sperimentato tanti prodotti diversi , come il pesce azzurro . Una volta abbiamo proposto un menu solamente incentrato sull ’ astice blu . Un grande esercizio di stile , che permette ai nostri ospiti di tornare più e più volte anche quando la frequentazione è assidua ed eterogenea . L ’ innovazione è la chiave della nostra proposta perché i nostri ospiti la richiedono necessariamente .
Due ristoranti , tre menu che cambiano costantemente … di quante persone è composta in sala e in cucina la vostra brigata ? AG : Per quanto riguarda la cucina del Seta siamo 13 cuochi . Abbiamo tre cucine : Seta , il Room service e il Mandarin Garden . Ogni cucina ha il proprio responsabile ma io supervisiono tutto . Al Seta gestiamo , come dicevamo , tre menu degustazioni di cui il terzo menù cambia , anche di nome , ogni due mesi circa . MT : Il servizio in sala è gestito da un team di 13 persone ; una brigata all ’ antica , con tutti i diversi gradi di settorializzazione della brigata alla francese per intenderci , basati sull ’ esperienza e sui compiti individuali da svolgere . Noi formiamo le persone internamente , per poter conoscere la nostra cultura dalle radici . Un albergo è come un piccolo villaggio , bisogna dialogare con tutte le parti . All ’ accoglienza abbiamo 6 persone , che si occupano anche delle prenotazioni al ristorante . Il mantra con cui formiamo i nostri ragazzi è “ non diciamo mai no ”. Il mondo dell ’ hôtellerie a questo livello è legato al lusso , e credo che il vero lusso sia non avere barriere tra i propri desideri e la loro realizzazione . Noi ci occupiamo di abbattere questa barriera . Dare un servizio molto caldo , fatto di persone , e non dettato dal numero di stanza o dalla prenotazione del ristorante . Per fare questo , bisogna che il personale non cambi ogni sei mesi , ma che
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conosca le dinamiche della vita del ristorante e dell ’ hotel . Dunque abbiamo bisogno di persone che vogliono fare quest ’ attività , che non vedono il servizio in sala come un semplice momento di passaggio nelle loro vite . La carriera di chi lavora in sala deve essere fatta di studio e sacrificio , e questa non è un ’ eresia , è un valore . A volte , vedo mancare un po ’ la determinazione e la perseveranza : qui , ad esempio , due volte al giorno si deve performare . Il nostro carburante è la cura dell ’ ospite , l ’ orgoglio di aver partecipato individualmente alla soddisfazione delle persone . La nostra sala si basa su appartenenza , informazione e soprattutto sul far sentire in nostri ospiti a proprio agio , come se fossero a casa propria .
Un ’ ultima domanda per lei chef : nell ’ edizione 2024 della guida Le Soste , abbiamo raccontato il grande impegno di Seta per farsi promotrice di una cucina “ No Waste ”. Mi saprebbe raccontare nel dettaglio che cosa significa per lei evitare lo spreco in cucina ? AG : È la mia educazione personale e professionale che impone questa pratica . È troppo facile non ingegnarsi . Di un pesce o di una verdura io devo usare tutto . Il problema è che devo sapere come usarli . Il motivo è piuttosto semplice , nessuna sottigliezza : è una cattiva abitudine , dettata dalla mancanza di esperienza di tante persone , quella di gettare certe parti di un prodotto perché ai nostri occhi sembrano inutili . È tutto basato sulla conoscenza e al sapere del cuoco . Se conosco la tecnica e la materia prima , allora saprò quali sono le sue potenzialità . È preciso compito del cuoco lasciar emergere quelle potenzialità . Portare il sapore a una purezza e a una completezza di realizzazione che funga da stimolante creativo . D ’ altronde , se si è viaggiato tanto come ho avuto la fortuna di fare io si sa che quello che noi riteniamo un elemento di scarto , magari di un pesce , dall ’ altro capo del mondo è tenuto in considerazione come la parte più gustosa e pregiata . A Taipei , scoprii che una delle loro maggiori prelibatezze è la bocca del polpo . Da noi è una delle prime cose che buttiamo dell ’ animale quando lo puliamo . Aver viaggiato sicuramente apre la mente e l ’ ingegno . Il no waste nasce anche dallo studio della storia della cucina tradizionale e il modo in cui essa ha tratto , da alimenti semplicissimi o addirittura considerati di scarto , piatti gustosi e geniali . Penso al Salento , per esempio : quando ero piccolo mia madre infornava una focaccia oliata e soffice , ricavata dall ’ impasto del pane rimasto appiccicato intorno alla madia . Lei lo raccoglieva e lo impastava con cipolle e olio . In sintesi , direi che il no waste è semplicemente un modo per dimostrare il livello professionale e la bravura di un cuoco . Ma per farlo bisogna conoscere la materia prima e non reprimere la propria creatività . In fondo , lo spreco in cucina è solo la dimostrazione di un ’ occasione mancata .
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