Giornale di Istituto In punta di penna n.2 2018 | Page 3

3 RACCONTI Codice A00321 Il laboratorio delle emozioni SOFIA AMMENDOLIA 1F [SEC] 7/09/2018 Ciao, mi chiamo Cordelia, vengo da una famiglia di avvocati, imprenditori, ricercatori e scienziati. Mia sorella era fa- mosa già ad otto anni per aver scoperto delle orme di un bambino vissuto 700.000 anni fa, quando eravamo in vacanza in Etiopia; mia madre ha capito come fun- ziona un buco nero e mio padre, rinoma- to investigatore privato, ha risolto il caso italiano della scomparsa di Una bomber . Invece io, inutile quattordicenne sfatica- ta, sono la pecora nera della famiglia: non primeggio a scuola, non ho molti amici, ma soprattutto il più grande disonore è l’essere un completo disastro in chimi- ca, scienza in cui tutta la famiglia eccelle. Sono in camera costretta a studiare con il mio tutor del recupero estivo, ripeto per la millesima volta ad alta voce la tavola periodica: inizio a declinare a casaccio elementi chimici e dopo neanche un mi- nuto il tutor mi stoppa. Capisco subito, ho sbagliato di nuovo; “O” non è ozono ma ossigeno, brontolo a bassa voce, ma il tutore mi sente, mi maledico da sola; un altro giorno di punizione. Sono a distanza di una settimana dall’inizio del liceo e se non recupero tutte le materie i miei geni- tori mi manderanno in collegio, un posto probabilmente migliore della mia squalli- da cittadina di falsi borghesi . La mia vita ormai è diventata solo studio e rimpro- veri di persone che, da me, si aspettano troppo; la scuola è alle porte e non posso più rimandare tutto lo studio arretrato: ce la posso fare? probabilmente NO. 14/09/2018 Oggi inizia la scuola, evviva! (povera me cosa ho fatto di male?) alla prima ora ho chimica (doppio evviva) alla seconda educazione artistica e (per farvi capire quanto poco io ci tenga alla scuola) la terza l’ho già dimenticata. Mi avvio ver- so l’aula in fondo al corridoio, dalla porta sembra messa meglio rispetto alle altre. Entro; ho davanti un mucchio di figli di papà ben vestiti; giuro che mi viene da vomitare, io mi sento un tantino fuo- ri luogo: loro tutti in giacca, cravatta e altri orpelli che non saprei definire e in- vece io beatamente in tuta e felpa. Una tipa con i capelli neri tirati a lucido mi fa un sorriso da mezza psicopatica con una decina di caffè di troppo nello stomaco e mi fa segno di sedermi accanto a lei, con una smorfia rifiuto l’offerta e vado a se- dermi vicino all’unica persona minima- mente normale e smarrita come me: ci guardiamo sconsolati e lui, con infinita gratitudine, si presenta: -Ciao mi chiamo Emiliano- Rispondo:-Io Cordelia, ma preferisco Delia, è più corto e meno da nonna-Emi- liano fa una risata sommessa, io mi unisco a lui che, dopo più o meno un secondo, mi da una gomitata e mi fa segno di girarmi. E’ arrivata la professoressa di chimica; è alquanto inquietante; una specie di incro- cio tra un furetto, un insetto stecco e un gatto morto. Mi guarda e sorride poi esclama:-Ah! Cordelia, ci aspettiamo grandi cose da lei-Sorrido sarcasticamente, mamma ha di nuovo pagato qualcuno per parlare bene di me. La lezione inizia , cominciamo subito con chimica del restauro, inutile dirlo, non capisco niente. Mi perdo nella mia fantasia di diventare operaia, archeologa, astronauta, tutto tranne questo. Guardo il mio orologio, sono le 8:50 è finita l’o- ra, faccio per alzarmi, ma Emiliano mi trattiene per una manica e mi sussurra a denti stretti :-Dove vai? Chi- mica c’è per due ore oggi- Sospiro forse un po’ troppo rumorosa- mente perché si gira- no tutti a guardarmi. La seconda ora da me tanto bramata arriva, ma non come speravo; la prof, con una luce perfida negli oc- chi, annuncia:- In questa seconda ora(rul- lo di tamburi immagina- rio)faremo laboratorio!!!!- Da parte della classe nessuna reazione, sono tutti troppo educati per esprimere il loro dissenso o il loro entusiasmo. Un ragazzo dall’aria snob inizia a distribu- ire una beuta per uno, con dentro un liquido trasparente simile all’acqua, ma maleodorante che somiglia alla puzza di cavoli bolliti; le istruzioni della prof sono scoprire che sostan- za è e poi farla diventare rossa. Emi- liano si mette a mescolare in un altro contenitore diversi liquidi fino ad ottenere un bel composto scarlatto, ecco, si vede che è più bravo di me. La professoressa ci mette dieci, rin- grazio il mio compagno di banco. Mi ha salvata. Arriva anche la terza ora: storia dell’arte finalmente. Il prof ci parla di Caravaggio delle sue opere e di come riconoscerle. Il professore parla, parla e io rimango ad ascoltarlo; ogni parola che esce dalla sua bocca mi incanta; forse non avrei più fatto l’operaia, ma l’artista. Il professore ci incarica di trovare un ar- gomento dell’arte che ci piaccia e combi- narlo con un’altra materia. Io ed Emilia- no scegliamo l’ottocento e i colori in uso in quel periodo. L’unica cosa che mi in- teressa è arte ma comunque combinarla con la chimica è semplice; avremmo fatto un’analisi della composizione chimica di quei colori, spiegando come mischiare ossidi, solfati e carbonati. Le seguenti ore scolastiche passano velocemente, però la mia mente è concentrata esclusivamente sul progetto artistico. Finiti gli ultimi 60 minuti di lezione vado in presidenza e ri- chiedo una stanzetta, dove Emiliano ed io possiamo lavorare in pace anche dopo le lezioni; stranamente il preside acconsen- te e, dopo aver sentito i motivi per cui ci serve, chiede alla bidella di allestirci un piccolo laboratorio. Subito dopo la scuola, verso le quat- tro e mezza, abbiamo radunato un paio di studenti davanti al nostro nuovo studio. Entriamo per la prima volta, l’ambien- te è piccolo ma accogliente. Su due tavoli sono disposti attrezzi chimici, ( strumenti di vetro pyrex quali beute, becher, ma- tracci, nonché alambicchi di varie misu- re); alcuni libri di educazione artistica e una discreta quantità di boccette e busti- ne con sostanze varie (vari reagenti). Ci sediamo sulle sedie disposte in un angolo della stanza, Emiliano ci legge un articolo sulla falsificazione dei quadri e come iden- tificare un’ope- ra falsa o originale. Il ragazzo accanto a me sorride in modo strano, sembra quasi che ci odi. Dobbia- mo iniziare ad agire, è l’ora di fare: - L’ORA DI FARE QUALCHE ESPERIMENTO!!!!!!! Emiliano, tutto convinto, si reca al tavolo che funge da laboratorio e affer- ra il libro di chimica del restauro e così iniziamo a studiarlo. La cosa più affasci- nante è la composizione dell’indaco: no- nostante non possiamo vederlo sappiamo la sua conformazione chimica comples- sa, ma estremamente comprensibile per un occhio attento; sono già le sette non pensavo che, studiando, le ore sarebbero passate così in fretta. Mi alzo, ho le gam- be intorpidite e, mentre mi sgranchisco, per sbaglio, colpisco la parete da cui cade un pezzo di intonaco, dietro c’è qualco- sa. Stacco il resto dell’intonacatura, tut- ti guardano stupiti, mi metto un paio di guanti di lattice e rimuovo l’oggetto dal- la sua nicchia, non riesco a smettere di guardarlo. E’ un quadro. Emiliano corre ad avvertire il preside, ci parla per soli cinque minuti e poi esce e ci riferisce ciò che gli ha detto, imitando la sua voce stri- dula:-Sarà una cosa da niente, ora andate a casa è tardi-. Ignoriamo le parole del rettore e restiamo nel laboratorio tutta la notte. Ci dividiamo i compiti: i nostri due compagni, Michele e Laura, si occupano di fare ricerche su internet per trovare un quadro simile al nostro e poi capirne i particolari e provare ad associare le ca- ratteristiche ad un’epoca precisa, così da restringere il campo di ricerca. L’emozio- ne è alle stelle, io ed Emiliano preleviamo una scheggia di tempera rossa dai fiori del velo con precisione chirurgica. Intanto, in un tempo quasi da record, Michele e Laura ci annunciano che c’è un quadro scomparso che corrisponde alla descrizione del nostro. Così ci spiega- no:-E’ stato dipinto nel 1897 da Roberto Ferruzzi, se ne sono perse le tracce in cir- costanze misteriose negli anni cinquan- ta-. Per scoprire l’autenticità del quadro dobbiamo mettere a disposizione tutte le nostre capacità di chimici. Mi faccio una domanda da sola:- Come mai non ho studiato chimica prima di adesso?- Mi riscuoto, non è il momento di piangere sul latte versato. Analizzia- mo la scheggia rossa: dobbiamo tro- vare lo ione solfuro quindi mettiamo alcuni grani di pigmento in un tubicino da saggio (una provetta) e li scaldia- mo con una fiammella per distrugge- re eventuali sostanza organiche. Come previsto si forma una patina nera sulle pareti, allora aggiungiamo una goccia di azoturo di sodio e una goccia di iodio in ioduro di potassio. Se ci fosse lo ione solfuro dovrebbe svilupparsi un’efferve- scenza. Siamo tutti in silenzio appollaiati sul tavolo ad aspettare la famigerata rea- zione:1,2,3 BOLLE!!!! Ci battiamo il cin- que; sappiamo che il lavoro non è finito, ma abbiamo il nostro primo risultato; lo zolfo indica che il pigmento analizzato è il rosso Cinabro, conosciuto fin dall’anti- chità, anche se tutt’oggi utilizzato. Con- tinuiamo con il resto dei colori, prima il blu del mantello, poi i capelli bruni ed infine il grigio dello sfondo, sono tutti pigmenti compatibili con quel periodo, presi dall’entusiasmo ci convinciamo che il quadro è autentico. Stiamo per chiama- re musei, esperti d’arte e giornalisti poi Michele gira il quadro e dietro c’è un’eti- chetta con scritto: ”Sonia Tubaro, ripro- duzione, 2016” Che delusione! E’ bastata una frazione di secondo per distruggere tutte le nostre speranze. Emiliano dice:-è stato tutto tempo perso!- Ma io non sono d’accordo quindi annuncio:- Stanotte non è stata inutile; la chimica ci ha permesso di esse- re tutto ciò che volevamo; investigatori, archeologi, scienziati, storici dell’arte e forse anche premi Nobel per la chimica. La scienza è stupenda e la chimica mi ha fatto tornare il desiderio di studiare, di diventare qualcuno, perché ora sono cambiata, non sono più una quattordi- cenne svogliata, ma una ragazza nuova e migliore. Mi sorridono, per una volta qualcuno mi ascolta e apprezza ciò che dico. Sbadigliando Emiliano chiede;-Al- lora cosa c’è domani alla prima ora?- Scoppiamo a ridere - Andiamo a dormire, forse è meglio -.