Giornale di Istituto In punta di penna n.2 2018 | Page 2
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sulle ali delle parole
COMMEMORAZIONI
Aldo Moro
Un ricordo dello statista a 40 anni dalla morte
Michela Sciamannini 3G [SEC]
Ricorrono quest’anno i quarant’an-
ni dalla tragica scomparsa di Aldo
Moro ed è questa un’occasione per po-
ter parlare del politico e della persona.
Aldo Romeo Luigi Moro nasce a
Maglie, in provincia di Lecce, il 23
settembre 1916. Si iscrive a Giurispru-
denza nell’Università di Bari, e, dopo
la laurea inizia la sua carriera accade-
mica come docente universitario. Nel
1945 si sposa con Eleonora Chiavelli
dalla quale ha 4 figli. Nel 1963 ottiene il
trasferimento all’Università Sapienza
di Roma, dove insegnerà le Istituzioni
di Diritto e Procedura Penale.
Negli anni quaranta Aldo Moro ini-
zia a intraprendere anche la carriera
politica, senza tuttavia abbandonare
la sua carriera di docente che gli per-
metterà di rimanere in contatto con i
giovani potendo così avere una finestra
aperta, un osservatorio vivido sulle
loro esigenze, le loro aspettative e po-
tenzialità.
Sempre in quegli anni fonda insie-
me ad altri il Partito della Democrazia
Cristiana, fu cinque volte Presidente
del Consiglio dei Ministri e rappre-
sentante alla Costituente, l’organo le-
gislativo elettivo preposto alla stesura
di una Costituzione per la neonata Re-
pubblica; da questa nacque poi la Co-
stituzione Italiana.
Tra il maggio 1957 e il febbraio del
1959 Aldo Moro, allora Ministro della
Pubblica Istruzione, introdusse come
materia scolastica nelle scuole secon-
darie di primo grado, lo studio dell’e-
ducazione civica al fine di insegnare
e formare i ragazzi sin dai banchi di
scuola a divenire cittadini capaci di re-
alizzare una società aperta e democra-
tica. Moro, come già accennato, tene-
va molto in considerazione i problemi
degli studenti ed il suo amore per l’in-
segnamento e per i giovani è attestato
dal suo intervento del 19 marzo 1968
a Bologna durante il convegno Nazio-
nale del Movimento Giovanile della
Democrazia Cristiana qui di seguito
parzialmente riportato:
“Ed io sono qui, per dirvi che sen-
tiamo questa vostra maturità e pre-
senza, che abbiamo fiducia in voi, che
cogliamo i tanti problemi che i gio-
vani propongono, che siamo pronti
a lavorare in ogni campo, perché si
dia risposta ad ogni interrogativo e
sia soddisfatta, nei limiti delle nostre
possibilità, ogni vostra legittima esi-
genza. (…) È segno questo della cre-
scente partecipazione dei giovani, in
posizione di responsabilità, alla vita
culturale, sociale e politica del Pae-
se. Essi non sono più solo destinatari
di provvidenze, passivi beneficiari di
una iniziativa burocratica dello Stato,
in questo caso veramente inconcepi-
bile. Invece, secondo una concezione
moderna e democratica della società e
dello Stato, i giovani sono, per la loro
parte, protagonisti, gestori dei propri
interessi, custodi dei propri ideali, li-
beri creatori del proprio avvenire e, in
definitiva, di quello del Paese.”
La sua esperienza politica portò
Aldo Moro a ideare la così detta “Ter-
za Fase”, conosciuta anche con i nomi
di “compromesso storico” o “alterna-
tiva democratica”, il tentativo cioè di
riavvicinare la Democrazia Cristiana
al Partito Comunista. Pensiero questo
che cambierà per sempre le sue sorti.
Infatti questi, insieme ad Enrico Ber-
linguer, tentò di creare la sopracitata
unione al fine di ottenere una solida-
rietà nazionale, ma la paura di un as-
soggettamento del Partito Comunista
da parte dello Stato Democratico che
tanto era disprezzato dalle frange più
estremiste che caratterizzavano que-
gli “anni di piombo” furono la causa
di quel che avvenne dopo. Il 16 marzo
1978 Aldo Moro venne sequestrato da
19 uomini delle Brigate Rosse un grup-
po terroristico estremista di sinistra.
Annientata la sua scorta, due carabi-
nieri e tre poliziotti, e catturato, Aldo
Moro venne portato in Via Camillo
Montalcini (Roma) dove rimase prigio-
niero per ben 55 giorni fatti di silenzi
e comunicati delle Br e il drammatico
dibattito politico se accettare o meno
la trattativa con i terroristi. La vicenda
si concluse con il ritrovamento del suo
cadavere all’interno del bagagliaio di
una Renault 4, che risultò poi rubata,
in Via Caetani. Era il 9 maggio 1978.
Durante il sequestro Moro scris-
se numerose lettere indirizzate al suo
partito politico ed alla sua famiglia e
tra le tante voglio qui riportare quella
che scrisse alla fine della sua prigionia
e prima del suo triste epilogo:
“Mia dolcissima Noretta, dopo un
momento di esilissimo ottimismo, do-
vuto forse ad un mio equivoco circa
quel che mi si veniva dicendo, siamo
ormai, credo, al momento conclusivo.
Non mi pare il caso di discutere del-
la cosa in sé e dell’incredibilità di una
sanzione che cade sulla mia mitezza e
la mia moderazione. Certo ho sbaglia-
to, a fin di bene, nel definire l’indirizzo
della mia vita. Ma ormai non si può
cambiare. Resta solo di riconoscere
che tu avevi ragione. Si può solo dire
che forse saremmo stati in altro modo
puniti, noi e i nostri piccoli. Vorrei re-
stasse ben chiara la piena responsa-
bilità della D.C. con il suo assurdo ed
incredibile comportamento. Essa va
detto con fermezza così come si deve
rifiutare eventuale medaglia che si
suole dare in questo caso. È poi vero
che moltissimi amici (ma non ne so i
nomi) o ingannati dall’idea che il par-
lare mi danneggiasse o preoccupati
delle loro personali posizioni, non si
sono mossi come avrebbero dovuto.
Cento sole firme raccolte avrebbero
costretto a trattare. E questo è tutto
per il passato. Per il futuro c’è in que-
sto momento una tenerezza infinita
per voi, il ricordo di tutti e di ciascuno,
un amore grande grande carico di ri-
cordi apparentemente insignificanti e
in realtà preziosi. Uniti nel mio ricor-
do vivete insieme. Mi parrà di essere
tra voi. Per carità, vivete in una unica
casa, anche Emma se è possibile e fate
ricorso ai buoni e cari amici, che rin-
grazierai tanto, per le vostre esigenze.
Bacia e carezza per me tutti, volto per
volto, occhi per occhi, capelli per ca-
pelli. A ciascuno una mia immensa te-
nerezza che passa per le tue mani. Sii
forte, mia dolcissima, in questa prova
assurda e incomprensibile. Sono le vie
del Signore. Ricordami a tutti i paren-
ti ed amici con immenso affetto ed a te
e tutti un caldissimo abbraccio pegno
di un amore eterno. Vorrei capire,
con i miei piccoli occhi mortali, come
ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sa-
rebbe bellissimo. Amore mio, sentimi
sempre con te e tienmi stretto. Bacia e
carezza Fida, Demi, Luca (tanto anto
Luca) Anna Mario il piccolo non nato
Agnese Giovanni. Sono tanto grato
per quello che hanno fatto. Tutto è
inutile, quando non si vuole aprire la
porta. Il Papa ha fatto pochino: forse
ne avrà scrupolo.”
Questa lettera è quella che mi ha
colpita di più perché in essa Aldo Moro
traccia un veloce resoconto delle scelte
che l’hanno portato in quella situazio-
ne: la sua decisione di entrare in poli-
tica, che lui etichetta come “passato”
e, da uomo capace e intelligente qual
era, comunica con estrema lucidità
di sapere che da lì a breve la sua vita
sarebbe finita. Leggendo le struggenti
parole che seguono, ho scoperto che
Aldo Moro, prima che uomo politi-
co era soprattutto marito e padre. Mi
sono quindi ritrovata a scoprire come,
in quei momenti terribili, egli sia ri-
uscito a utilizzare questa lettera per
dare coraggio alla moglie, chiedendole
di essere forte per quello che sarebbe
avvenuto e trovarne, probabilmente,
lui per quello che avrebbe “visto” dopo
la sua morte. Con grande amore trova
una carezza e un saluto per ogni singo-
lo elemento della sua famiglia e questo
immenso testamento di sentimenti mi
ha molto emozionata e commossa.
Il mio pensiero va quindi oltre e
inorridisce davanti al fatto che, in
nome di un ideale politico, delle per-
sone abbiano potuto compiere un atto
così deprecabile. Le Brigate Rosse, in-
fatti, a causa di opposti pensieri e se-
condari fini, hanno ucciso un uomo per
colpirne le idee.
Il ricordo dell’anniversario della
morte di Aldo Moro mi porta a riflette-
re che le idee sono invece immortali e
che il suo omicidio sia stato una prati-
ca e un epilogo fallimentare per coloro
che lo hanno messo in atto e tutto ciò è
dimostrato dal fatto che, a distanza di
40 anni dalla sua morte Aldo Moro è
ancora ricordato ed io stessa ho avuto
l’opportunità di conoscerne la storia e
le idee.