Anche le città credono d'essere opera della mente o del caso, ma
né l'una né l'altro bastano a tener su le loro mura.
D'una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda.
…
L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà;
se ce n’è uno, è quello che è già qui,
l’inferno che abitiamo tutti i giorni,
che formiamo stando insieme.
Due modi ci sono per non soffrirne.
Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più.
Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui:
cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno,
e farlo durare, e dargli spazio.
Marco Polo a Kublai Khan ne Le città invisibili di Italo Calvino, Torino, 1972
Quando Kublai Khan è ormai anziano, stanco e spaventato dalla rovina del suo regno, incontra Marco Polo. Si raccontano quante città esistono già o esisteranno: Marco testimonia e inventa spazi tempi e abitanti, che forse sono esistiti e forse saranno futuri. Più il fondatore dell’Impero Cinese può immaginare e porre domande, più l’esploratore dà consistenza a forze, tensioni ed enigmi che animano le città.
Ogni luogo di cui i due si raccontano ha un nome scelto, che potrebbe essere anche quello di una donna, e si sussegue agli altri lungo traiettorie precise: le città e la memoria, e il desiderio, e i segni, le città sottili, le città e gli scambi, e gli occhi, e il nome, e i morti, e il cielo, le città continue, le città nascoste - le immaginano, e noi con loro, dal 1972.