Emilio Del Giudice / Alberto Tedeschi Congresso | Page 48
Un mondo in cui si terrà conto non
solo di ciò che si vede e si tocca, o di
ciò che gli strumenti scientifici possono rilevare? Un mondo in cui l'invisibile e il mistero avranno nuovamente
posto? E questo cambiamento di rotta
ci porterà il Senso della vita con la S
maiuscola? Quel Senso che solo ci può
dare felicità e benessere duraturi?
Oggi siamo addirittura sommersi dalle
offerte di tecniche e di disicipline che
tutte affermano di poterci aiutare a
rag giungere queste due condizioni.
Credo che non esistano regole e che
proprio questa abbondanza, questa
apparente confusione siano una delle
prove da superare.
Direi che in linea di massima non ci
sono strade giuste o sbagliate, ma solo
strade che vanno bene per noi o no.
Jung, per citarlo ancora, parlava della
ricerca di un nuovo mito, in altre parole, di una nuova metafora che possa
parlare al nostro inconscio e guidarci
nella ricerca di un Senso della vita che
possa soddisfare la nostra anima,
senza violentare la nostra mente.
Non so, naturalmente, quale potrebbe
essere questo nuovo mito. A me viene
in mente un mito antico, che mi pare
molto adatto ai nostri giorni. Si tratta
della leggenda del Graal. Se ricordo
bene, Parsifal, o Galaad, a seconda
delle versioni, parte alla ricerca del
misterioso Graal, la coppa che ha contenuto il sangue di Cristo, secondo le
versioni cristiane della leggenda.
Questo Graal è l'unico rimedio che
può far rivivere la terra che ha cessato
di dare frutti: è diventata una "terra
desolata".
La ricerca del Graal si può leggere in
molti modi, e uno di questi potrebbe
essere la ricerca di questa condizione
di felicità e di benessere che sola può
far rifiorire l’anima.
Il cavaliere arriva in un castello dove
vive un re afflitto da una grave ferita
che si riapre sempre nonostante le
cure e le medicazioni. È un simbolo
che mi fa pensare alla nostra insoddisfazione alla nostra infelicità di fondo.
Questa ferita che si riapre sempre e di
nuovo…
Per guarirlo Parsifal deve porre una
serie di domande e superare quindi
una serie di prove. La domanda essenziale riguarda ciò che fa soffrire il re:
"Dimmi," chiede Parsifal "che cosa ti
strugge?"
Credo che questo fatto della giusta
domanda sia fondamentale nella ricerca della condizione di felicità e di
benessere. Dobbiamo conoscerci,
dobbiamo sapere il più possibile sulla
vera ragione della nostra infelicità ,
della nostra paura, della nostra rabbia…
La ricerca interiore, è stata da sempre
la via seguita dagli esoteristi. Esoterico
significa appunto interiore, nascosto.
Si dice comunemente che le dottrine
esoteriche venivano presentate in
modo molto oscuro, per tenerle segrete alla massa. Secondo altre versioni la
segretezza serviva per sfuggire alle
persecuzioni del potere religioso.
Sicuramente c'è una parte di verità in
queste affermazioni. Esiste però anche
un'altra spiegazione che mi sembra la
più interessante, ed è che non si volevano dare "ricettine" da apprendere
superficialmente. Ciascuno doveva
percorrere faticosamente il proprio
cammino, affrontando i dubbi, le
paure, e accettando la solitudine, il
fatto che la sua via non era identica a
quello dell'amico.
Questo modo di procedere veniva
paragonato, a volte, a una "via stretta e
tortuosa". Chi invece preferiva la "via
larga e dritta" seguiva la dottrina esteriore, essoterica, insegnata al collettivo
da un'autorità religiosa.
La ricerca personale è sempre stata
considerata difficile, ma è anche la
sola che eviti a chi la compie di cadere
nelle antiche trappole del fanatismo e
dell'asservimento a sistemi di potere
che di spirituale hanno soltanto il
nome.
Si tratta di un discorso molto delicato
perché spesso la differenza è molto
sottile. Inoltre, a prima vista, è molto
più facile e rassicurante affidarsi a
qualcuno, farsi guidare da lui o da lei.
Con il tempo, tuttavia, si scopre
immancabilmente che questa via non
porta vera felicità né benessere autentico. Si pensi per esempio alle terribili
lotte di potere che avvengono all'interno di certi circoli spirituali o presunti
tali!
Parlando in ter mini energetici, si
potrebbe dire che gruppi del genere si
basano su un reciproco vampirismo: il
maestro si nutre dell'energia di coloro
che lo venerano e gli allievi, a loro volta,
si nutrono dell'energia del maestro.
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Ma basta che venga a mancare l'una o
l'altra di queste due fonti, che il maestro scompaia, per esempio, ed ecco
che tutto il movimento crolla.
Naturalmente non intendo dire che
tutti i maestri siano negativi. Credo
però che anche il miglior maestro non
possa fare il cammino al nostro posto
Un vero maestro si riconosce dal fatto
che non crea dipendenza, che non pretende di offrire al discepolo le risposte
ai suoi problemi e ai suoi dubbi, né di
servirgli da modello. Il vero maestro è
colui che aiuta il discepolo ad affrontare le sue insicurezze e a mettersi in
contatto con il proprio maestro interiore.
In una prova finale per l'iniziazione di
uno sciamano (come pure in certe
altre antiche iniziazioni), l'allievo veniva sottoposto alla seguente prova: di
fronte a un bivio doveva scegliere una
via. Una delle due, gli veniva detto, lo
avrebbe portato dritto a un precipizio.
Ed ecco apparirgli il maestro, colui
che lo aveva istruito e guidato durante
tutta la preparazione. Il maestro, ancora una volta lo guida, indicandogli una
delle due vie, quella giusta da seguire.
Ma qui sta il punto: se il giovane segue
le istruzioni del maestro finisce dritto
nel precipizio.
Questa era una punizione crudele,
certo, ma dimostra come, per un vero
iniziato, rimanere dipendente da qualcuno equivale alla morte.
C'è un'altra storia, una storia buddista.
Anche qui si tratta della parte finale
dell'iniziazione dei mistici tibetani.
Sembra che al giovane monaco, dopo
molte meditazioni, venga presentato
un quadro coperto con un telo. Il giovane viene invitato a sollevare il telo e
gli viene detto che sotto quel telo troverà il Budda. Ma quando il giovane
alza il telo vede che sotto c'è uno specchio nel quale è riflesso il suo volto.
Mi piace riferirmi anche al saggio
indiano Jiddu Krishnamurti, che ha
spesso sottolineato la necessità di trovare lo spirito dentro di sé.
In un suo scritto così afferma: "La
fede è qualcosa di assolutamente individuale, non possiamo e non dobbiamo istituzionalizzarla. Se lo facciamo
diventa una cosa morta, cristallizzata;
diventa un credo, una setta, una religione che viene imposta ad altri. È
quello che tutti cercano di fare in tutto
il mondo.