Emilio Del Giudice / Alberto Tedeschi Congresso | Page 46

Scusate questa lunga digressione, necessaria per far meglio comprendere la differenza che esiste, secondo me, tra un'immagine della felicità come uno stato passivo (fetale) e quella che mi sembra una visione più realistica della felicità, il senso di appartenere a qualcosa di più grande di noi che ci sovrasta e fa per così dire da sfondo agli accadimenti belli o brutti della nostra vita, dandole un Senso con la S maiuscola. Il Dalai Lama, che ho avuto il privilegio di intervistare alcuni anni fa, mi ha detto qualcosa di analogo. Mi ha detto infatti che la cosa più importante per gli Occidentali dovrebbe essere la ricerca dello spirito in quanto è l'unica risposta all'angoscia e alla depressione che sono molto frequenti alle nostre latitudini. Idealmente sarebbe la religione a doverci aiutare in questa ricerca, ma, anche se effettivamente vi sono delle persone di fede che raggiungono questo stato, per la maggioranza purtroppo non è così e la religione rimane qualcosa di superficiale, una specie di vernice che copre insicurezza, frustrazione e paura. Personalmente posso dire di aver trovato questo Senso della vita in alcune persone che hanno attraversato esperienze molto dure di malattia, di dolore, di perdita di tutto ciò che rappresentava la loro sicurezza esteriore e il loro ego, e che da queste esperienze non sono uscite distrutte, ma rafforzate. Per fare un esempio, una giovane donna con una gravissima malattia che avrebbe dovuto ucciderla e durante la quale ha vissuto un'esperienza di morte apparente, mi ha poi raccontato per descrivere il suo nuovo stato: "Io sono una persona come tutte le altre, godo i momenti belli della vita, soffro nei momenti difficili, ma, al di là di tutto questo so che faccio parte di un tutto, di un processo che va avanti e non ho paura perché so con certezza che tutto va per il meglio". Nei popoli cosiddetti primitivi la cultura favorisce e mantiene in vari modi questa certezza che la vita ha un Senso, che siamo collegati a qualcosa di grande, di sacro. I ragazzi all'adolescenza devono attraversare un processo rituale di iniziazione, spesso duro, che permette loro di mettersi in contatto con la trascendenza. Pensiamo per esempio agli indiani d'America che cercano la visione del loro animale totem. In un certo senso l'iniziazione è il passaggio dalla protezione della famiglia alla protezione del cosmo, della divinità. Le ragazze dal canto loro, vivono la mestruazione come il collegamento con la grande madre e la sessualità e la maternità vengono considerate come metafore di altri processi di natura e di un processo più grande ancora, quella della creazione. Una quindicina di anni fa ho seguito alcune delle conferenze che si tenevano alla Fondazione Eranos, di Ascona, nella Svizzera italiana, dove vivo. La Fondazione Eranos è stata creata negli anni Trenta da vari studiosi tra cui Carl Gustav Jung, e per molti decenni vi sono state fatte ricerche di altissimo livello e di grande interesse, mettendo a confronto psicologia, scienze e grandi tradizioni spirituali. A quei tempi stavo raccogliendo del materiale per una ricerca sul sacro e sul suo significato per l'uomo moderno. La presenza di tante personalità interessanti vicino a casa mia era quindi un'occasione per fare delle interviste. Uno dei miei intervistati, il professor Jean Servier, scrittore e docente di etnologia e sociologia all'università di Montpellier, in Francia, mi disse alcune cose chi mi fecero riflettere. Servier infatti sostiene che la nostra cultura occidentale è la sola a non considerare la realtà e il mondo come un linguaggio che Dio parla all'uomo. Per tutte le altre culture il contatto con lo spirituale è parte integrante della vita, mentre noi, quando non lo neghiamo totalmente, lo releghiamo in certi spazi ben precisi, in certi giorni come le feste, o certe cerimonie. A questo punto, se non siamo razzisti e se consideriamo che tutti gli esseri umani sono uguali quanto a struttura psichica e intelligenza, allora dobbiamo ammettere che nella nostra cultura c'è una lacuna molto profonda. Noi, che ci consideriamo più bravi, più intelligenti degli altri, siamo invece privi di qualcosa che tutti gli altri esseri umani viventi sulla terra hanno sempre visto come fondamentale: appunto il senso di far parte di qualcosa di molto più grande di noi, di qualcosa di eterno. 38 Sono gli anni della vittoria sulle "resistenze alla psicoanalisi". Con Al di là del principio di piacere (1920) eL'Io e l'Es (1922) inizia una nuova fase di ricerche, che mettono in gioco il concetto di pulsione di morte e mostrano l'io come funzione emergente da un crogiuolo di pulsioni, il cui carattere pre-personale Freud esprime con il pronome neutro es. Psicologia di massa e analisi dell'io, (1921), L ' a v v e n i r e di un'illusione (1927), Il disagio della civiltà (1929), L'uomo Mosè la religione monoteistica (1934-38) sono le opere più rappresentative dell'ultimo periodo - ma vanno ricordati anche scritti tecnici come Inibizione, sintomo e angoscia (1926), Analisi terminabile e analisi interminabile (1937) e Costruzioni nell'analisi (1937). (Dalla Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche Rai) 22 - Stanislav Grof medico-psichiatra e psicoanalista freudiano, nato nel 1931 a Praga, in Cecoslovacchia, e ora ricercatore negli Usa, è noto per i suoi studi e ricerche sugli stati non ordinari di coscienza. 23 - Carl Gustav Jung nasce a Kesswil, in Svizzera, nel 1875. Suo nonno era stato un famoso medico, rettore dell'università di Basilea, mentre suo padre era pastore protestante, cappellano dell'ospedale psichiatrico di Basilea. La sua infanzia e primissima giovinezza furono solitarie, pensierose, tormentate. Gli interessi del giovane Jung spaziavano nei diversi campi della biologia, zoologia, paleontologia, archeologia, parapsicologia e spiritismo. Naturalmente, visto l’ambiente in cui viveva, si interessava anche di religione, ma non quella che gli aveva insegnato il padre: la sua era una vera e propria ricerca del "mistero" relativo alla divinità, all’uomo, alle cose. l libri che lo colpirono di più furono Così parlò Zarathustra di Nietschze, e il Faust di Goethe. Nel 1900 si laurea in medicina con una tesi sui fenomeni