Emilio Del Giudice / Alberto Tedeschi Congresso | Page 45
Florinda Balli
La ricerca di felicità e benessere
Di fronte alla grande alienazione
interiore di oggi, l’individuo è più
vulnerabili nei confronti della
miriade di proposte che purtroppo
non sempre si rivelano serie.
Per
iniziare vorrei precisare che
quanto vi dirò durante questa breve
relazione è il frutto di mie osservazioni personali, motivate essenzialmente
dalla curiosità. Non pretendo enunciare verità né dare consigli a nessuno.
Il tema che mi è stato proposto è un
tema senz’altro molto impegnativo e
difficile, soprattutto per ciò che
riguarda il primo aspetto, perché "felicità" è, in fondo, una parola che fa
paura.
Per andare alla radice di questa nostra
incapacità di essere felici anche quando potremmo esserlo, vediamo quale è
l'immagine che abbiamo della felicità
perfetta.
Chi riflette veramente sul significato
della parola "felicità", di solito, non la
usa più, preferendo parole come "serenità", "gioia", o anche "benessere, che
è una definizione moderna, in quanto
implica un concetto di "comfort" psicofisico ragionevolmente possibile.
Molti sono i centri di benessere, ma
credo che a nessuno verrebbe in
mente di aprire un centro di felicità.
Secondo la visione sostanzialmente
pessimistica di Freud, lo stato adulto
consisterebbe nell'accettazione dell'imperfezione e nell'insicurezza della
nostra condizione.
Di solito si dice che la felicità non è
uno stato duraturo. Dura attimi, ore,
giorni, ma non di più. Ma perché questo carattere fuggevole?
Per felicità si intende solitamente uno
stato determinato da una serie di condizioni che spesso non dipendono
interamente da noi, che so: una buona
salute, una bella famiglia, un partner
che ci ama, una situazione economica
agiata, soddisfazioni professionali e
così via.
Naturalmente tutte queste condizioni
sono i sé fragili e possono scomparire
in brevissimo tempo. Ma anche quando abbiamo tutte quelle cose che
determinano la condizione di felicità,
spesso non siamo in grado di goderne
perché magari desideriamo proprio
quella cosa che non abbiamo, o perché
ci tormentiamo pensando di poter perdere quelle cose che dovrebbero renderci felici.
Freud 21 ci dice che questa immagine
non è altro che il ricordo dello stato
che abbiamo vissuto nel grembo
materno: assoluta sicurezza, appagamento di tutti i bisogni, nessun conflitto e anche assoluta dipendenza.
Questa immagine è ormai diventata un
luogo comune ed è generalmente
accettata dal mondo della psicanalisi.
Personalmente, pur nutrendo il massimo rispetto per Freud, non mi sento di
sottoscrivere pienamente questa visione. Infatti molte ricerche legate, per
fare solo pochissimi esempi, al
Rebirthing o alle teorie dello psichiatra Stanislav Grof 22, con le sue matrici
perinatali, che smentiscono l'immagine
paradisiaca dello stato fetale, così
come ce la descrive il padre della psicanalisi.
Secondo queste nuove scoperte infatti,
il feto - vivendo in stretta simbiosi con
la madre - ne percepisce le ansie e i
disagi anche se in modo inconscio e
non legato alla ratio.
E interessante notare che queste idee,
se non vengono accettate da buona
parte della medicina e della psicologia,
corrispondono invece a certe tradizioni popolari che consigliano alla donna
incinta di circondarsi di cose belle, di
evitare le emozioni negative.
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21 - Sigmund Freud nasce a Freiberg, oggi
Pribor, in Moravia (Cecoslovacchia), il 6
maggio 1856 e muore a Londra il 23 settembre 1939. Nel 1860 il padre Jacob, commerciante ebreo, in seguito a una crisi economica, si trasferisce a Vienna, città in cui
Freud visse fino al 1938, quando l'annessione dell'Austria alla Germania hitleriana lo
costrinse a emigrare a Londra. Nel 1881 si
laurea in medicina all'Università di Vienna
(dove aveva ascoltato anche le lezioni di
filosofia di Brentano) e continua la sua attività di studio e di ricerca con E. W. von
Brücke, e quindi con T. H. Meynert (fisiologia, ipnosi, neuropatologia). Nel 1885
consegue la libera docenza e ottiene una
borsa di studio che gli permise di seguire i
corsi di J. M. Charcot presso la Salpêtrière
a Parigi. Nel 1886, dopo il matrimonio con
Martha Bernays, Freud apre un gabinetto
privato per la cura delle malattie nervose.
Lavorando in base all'ipotesi dell'eziologia
sessuale dell'isteria, formula nel 1893 la
teoria della seduzione infantile, che abbandonerà quattro anni dopo.
Appartengono a questo periodo la collaborazione con Josef Breuer il cui risultato sono
gli Studi sull'isteria del 1895 e l'autoanalisi
testimoniata dal carteggio con Wilhelm Fliess.
Nel
decennio
successivo,
con
L'interpretazione dei sogni (1900), la
Psicopatologia della vita quotidiana
(1901) e i Tre saggi sulla teoria sessuale, (1905), Freud perviene a una prima
teoria dell'inconscio, incentrata sulle nozioni di
sogno, atto mancato e sintomo nevrotico.
Una posizione centrale nello psichismo
inconscio, sia rispetto alla formazione delle
convinzioni morali, sia nella genesi delle
nevrosi è occupata dal complesso di Edipo,
cioè dal rapporto col padre, che verrà indagato da Freud a livello antropologico in
Totem e tabù (1913), nel mito del parricidio originario. Negli anni '10 Freud, accanto alla riflessione sulle sue scoperte
(Metapsicologia, 1915), inizia un'intensa
attività di conferenziere consegnata nelle
lezioni di Introduzione alla psicoanalisi.