Partito Democratico Circolo 7 ° di Udine
Leggiamo sul web qualcosa che potrebbe sembrare strano: ci sono diversi, soprattutto giovani, che intendono entrare in questi giorni a far parte del PD. La logica sembrerebbe dire che in questo momento non solo di sconfitta, ma soprattutto di sbandamento nessuno sarebbe invogliato ad entrare nel PD. Di solito l’ interesse invita a salire sulla barca col vento in poppa. Ed invece ci testimoniano del contrario anche quei giovani dell’ OccupyPD invitati alle trasmissioni televisive. Perché allora tale atteggiamento? A noi pare che ci sia, anche da parte di chi stava fuori, da semplice simpatizzante di centrosinistra, la intuizione che la gravità sociale del momento, l’ ambiguità del governo, della maggioranza e del partito, la rinata prepotenza di Berlusconi, la necessità di fare chiarezza all’ interno dei“ grandi elettori”, non consentano di stare a guardare. Inoltre, ci pare, che altri due aspetti dello stesso motivo possono essere decisivi in quelle decisioni: uno, il constatare che il PD, soprattutto la base, non è allineato al 100 % sulle decisioni del vertice( che peraltro oggi di fatto non esiste più) e che quindi il neoiscritto si sente più libero non sentendosi vincolato ad una linea della nomenclatura degli alti dirigenti; secondo che c’ è una consapevolezza diffusa che bisogna ricominciare dall’ inizio e che si può essere protagonisti di questo nuovo inizio. Queste sono posizioni che la base degli iscritti, dei militanti, di alcuni dirigenti locali sentono convintamente non dalle ultime settimane; viene a galla ancor più chiaramente la questione dell’ insufficiente rapporto basevertice del partito, che a prescindere dai contenuti, è l’ elemento essenziale per qualsiasi politica di un partito concretamente democratico. Solamente un tradizionale senso di appartenenza di militanti e simpatizzanti, una certa disciplina, nonché il discrimine culturale prodotto dal berlusconismo, fanno sì che l’ antipolitica non si sia diffusa in misura patologica nelle nostre fila. In questi giorni uomini politici e commentatori finalmente si accorgono e a ripetizione denunciano lo scollamento tra base e vertice, ma l’ analisi non va oltre: noi avvertiamo questa denuncia come un mantra rituale perché da molti di essi non vissuto in prima persona e quasi sempre per sentito dire. Da una parte i commentatori continuano a ripetere acriticamente“ il PD” come se si trattasse di un monolite, non distinguendo tra segretario, ristrettissimo gruppo di vertice, l’ insieme dei capicorrente, i parlamentari, i politici e gli amministratori ai vari livelli locali( comuni, province, regione), i militanti di base, i semplici iscritti e gli elettori. Dall’ altra alcuni nostri politici ultimamente si affannano, per recuperare una certa credibilità, nell’ ipotizzare referendum o non ben identificate consultazioni degli iscritti. Ma i referendum consultivi( previsti dallo statuto ma mai attivati) e consultazioni in genere, per essere credibili hanno bisogno di un lavoro informativo e di dibattito preliminare non affrettato. Qualche studioso, sostenuto anche dalla scarsa affluenza alle urne di questi giorni, si interroga se la democrazia come l’ abbiamo intesa e praticata fino ad alcuni anni fa, cioè quel mix di partecipazione e di rappresentanza, ci sia ancora in Italia e se potrà essere ristabilito. Il quesito per noi non si tiene perché può porsi solo in termini di ipotetica astrazione concettuale: non ci consoliamo guardando l’ affluenza elettorale nelle grandi democrazie del nord e dell’ ovest, tradizionalmente“ fredde”. Sulla terapia invece quasi niente se non generici appelli alla partecipazione( non si dice né in vista di che né in quali forme e con quali mezzi). Non è quindi un caso che alcuni giorni fa siano uscite le riflessioni di Barca sul funzionamento e natura del partito inteso, secondo lui, come baluardo imprescindibile della vita democratica e pungolo di aggiornamento dell’“ arcaica macchina dello Stato”. Non è un caso neppure che sul tema si siano dimostrati molto meno interessati i politici professionali piuttosto che la base con i suoi circoli: oltre 100 di questi ultimi hanno già programmato incontri con l’ ex ministro. Non è un caso neppure che nel confronto condotto da Mentana tra Barca e Veltroni entrambi abbiano discettato su due piani diversi: mentre il primo parlava concretamente di forma-partito, il secondo svicolava dall’ immediato occupandosi dell’ identità. Tutto questo invoca la necessità di ricostruire, senza drammatizzare, dalle basi, il partito. Su questa necessità riprendiamo il pensiero di molti( ad es. Cacciari) finalmente d’ accordo con le parole di Occhetto:“ C’ è un difetto di fabbricazione nel Pd, che è come una piccola crepa che non si vede e di fronte al
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