alla quale oggi il movimento di Grillo si trova conferma che una parte significativa dell’ elettorato si è sentito tradito rispetto a una richiesta di cambiamento, che deve per noi in ogni caso rimanere l’ orizzonte strategico al quale tendere. Oggi, nelle condizioni date, la riserva di credibilità che abbiamo preservato su questo fronte è una risorsa decisiva per spiegare al Paese il senso del nostro convinto sostegno alla missione del‘ governo di servizio’ guidato da Enrico Letta. Tocca al PD caratterizzare la funzione storica di questo esecutivo nella fase cruciale che si aprirà dopo le elezioni tedesche. Si tratterà, da un lato, di contrastare, nella coscienza di vasti strati popolari, l’ avventurismo isolazionista e anti-europeo del M5S e, dall’ altro, di convogliare la posizione anti-austerità della destra su un terreno costruttivo. Il governo Letta è chiamato a divincolare il nostro Paese dalla morsa dell’ austerità non certo lisciando il pelo a suggestioni antieuropee, ma facendo dell’ Italia un protagonista centrale della nascita del nocciolo federale dell’ eurozona.
2. L’ impotenza della democrazia e la sfida del populismo: riconnettere partecipazione e decisione.
L’ altro compito decisivo a cui è chiamata la legislatura che si è aperta è la riforma delle istituzioni. Su questo il gruppo dirigente del PD è chiamato a parlare al Paese con forza e chiarezza. La riforma della seconda parte della Costituzione non è il prezzo che dobbiamo pagare all’ accordo di governo con la destra, ma è una necessità storica ineludibile per rivitalizzare le istituzioni democratiche, nel momento in cui l’ Italia è chiamata a reggere la sfida di un salto qualitativo nell’ integrazione europea. Il superamento del bicameralismo e l’ istituzione del Senato delle Autonomie, la riduzione del numero dei parlamentari, il connesso ammodernamento dei regolamenti parlamentari, la correzione del Titolo V della Costituzione in direzione di un corretto equilibrio tra competenze statali e regionali, la necessità di una regolamentazione organica dei partiti e delle loro forme di finanziamento e, last but not least, la scelta coerente di una forma di governo e di una relativa legge elettorale sono esigenze su cui da anni si discute, senza essere mai riusciti a individuare le condizioni politiche per passare dalle parole ai fatti. I nostri avversari della destra hanno dimostrato in più occasioni di saper galleggiare nel discredito della politica e delle istituzioni; per una forza come il PD, invece, reggere il peso delle larghe intese senza riuscire a corrispondere con i fatti a una richiesta di riforma della politica rischia di essere un colpo letale. L’ inadeguatezza dell’ attuale assetto istituzionale viene ormai percepita in un’ opinione pubblica larga, non più solo tra gli esperti, come uno dei segni più evidenti di paralisi e inconcludenza del sistema politico. Dobbiamo sapere che, in una situazione storicamente peculiare come quella italiana, un’ ulteriore stasi del processo riformatore non è certo destinata a rafforzare il consenso attorno all’ impianto costituzionale, ma rischia di alimentare spinte di radicale semplificazione in senso populista e plebiscitario. È evidente che, sulla base della tradizione politico-costituzionale del nostro Paese, la via maestra consisterebbe in un ammodernamento del sistema di governo parlamentare e in una conferma della funzione di garanzia del Presidente della Repubblica. E tuttavia l’ esperienza ci insegna che solo un vasto consenso attorno a un disegno coerente è in grado di garantire il successo di un tentativo riformatore e la certezza dei suoi tempi. Su un tema del genere non si può pertanto trascurare l’ esigenza di una ragionevole mediazione. Se allora è vero che oggi il contenuto sociale e partecipativo della prima parte della Costituzione può essere salvaguardato solo se si accetta la sfida di un deciso ammodernamento della sua seconda parte, a priori non si può rifiutare di discutere nemmeno l’ ipotesi di spingersi oltre le colonne d’ Ercole del suo impianto parlamentare. La ragione di ciò non risiede semplicemente nel fatto che il modello semi-presidenziale alla francese è la forma di governo che consentirebbe di raggiungere un