Questo è più o meno vero in giro per l’ intero mondo. Ma in Italia la crisi del partito di massa ha assunto forme estreme, e la deriva verso il partito Stato-centrico è particolarmente grave. Il peculiare tracollo dei partiti storici a inizio anni’ 90 ha trovato nella fragilità e arretratezza della macchina pubblica italiana le basi per una fratellanza siamese che non ha paragoni altrove. Si è prodotto qui quello scivolamento verso le forme degenerative appena descritte: una predominanza dei“ leader”, portatori di una narrazione in cui iscritti ed elettori si riconoscono, fino a forme estreme di partitoproprietà; una professionalizzazione della struttura di supporto del leader, organizzata in“ staff”, al di fuori di una legittimazione democratica da parte del partito stesso; la perdita di peso degli iscritti e dei loro organi, e la dominanza degli eletti sulla dirigenza del partito.
Regole e misura del finanziamento pubblico e cultura politologica egemone hanno sancito la deriva. La copiosità del finanziamento pubblico dei partiti, mirando a liberare i partiti stessi dal condizionamento dei“ fondi neri” provenienti dalla degenerata conduzione dei grandi enti pubblici nazionali o locali, li ha in realtà legati stabilmente allo Stato, sancendo e accrescendo la loro non-dipendenza dal contributo degli iscritti, il cui controllo sul partito si è così viepiù ridotto. Ad aggravare le cose sta il fatto che questi finanziamenti essendo commisurati agli esiti elettorali, sono anche formalmente connessi agli eletti. Ciò consolida il“ controllo” dei gruppi parlamentari, attraverso filiere di comando che da singoli“ capi-cordata” nei gruppi scendono lungo il partito stesso e sono alimentate dai flussi di risorse disponibili. Questa relazione perversa è stata facilitata da un ordinamento che rafforza l’ indipendenza dei gruppi parlamentari- ossia degli eletti- dagli organi direttivi dei partiti 11.
La legge elettorale vigente ulteriormente suggella questo stato di cose, creando a sua volta una filiera gerarchica perversa che vede i“ capi-cordata” concordare con il leader
11 Cfr. Rizzoni, G.“ art. 49”, in Bifulco, R., Celotto, A. e Olivetti, M.( a cura di) Commentario alla Costituzione, I, Utet,
Torino( 2006):“ l’ adesione dei parlamentari ai diversi gruppi avviene sulla base di una semplice dichiarazione del parlamentare interessato, senza che vi sia alcuna verifica di coerenza tra gruppo di appartenenza e l’ identità della formazione politica sotto il cui contrassegno è avvenuta l’ elezione”, a differenza, ad esempio, del Bundestag tedesco. Questo tratto risente evidentemente della – ma non appare richiesto dalla – previsione costituzionale per cui“ ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”( art. 67). Il divieto espresso del vincolo di mandato e l’ enfasi sulla rappresentanza della Nazione furono introdotte per“ sottrarre il deputato alla rappresentanza di interessi particolari”( dall’ intervento del relatore Costantino Mortati nella discussione della Sottocommissione II dell’ Assemblea Costituente del 19.9.1946). Fu solo Ruggero Grieco a notare che gli eletti sono per loro non eliminabile natura“ vincolati a un mandato” – il“ programma … [ l’] orientamento politico particolare” con cui“ si presentano alle elezioni” – e che con l’ esclusione di vincoli“ si favorirebbe il sorgere del malcostume politico”.
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