Cultura Oltre - 2^ numero - Febbraio 2018 rivista-cultura-oltre FEBBRAIO 2018 | Page 9

Forse è giusto interpretare il cinema di Fellini molto più sinteticamente: il suo cinema è, infine, semplicemente una costante evasione, una fuga ripetuta, e non per forza a priori fantastica, ma è un’ evasione che ricrea il reale e l’ uomo che vive in questo reale; e chi è quest’ uomo se non Fellini che racconta sé stesso, o una proiezione di Fellini, o una sua creatura, o una sua allegoria per descrivere e profetizzare l’ andamento della realtà e dell’ uomo che ci è immerso. E la musica era per lui uno dei colori con cui celebrare, innescare o semplicemente far credere quest’ evasione.
centro studi Federico Fellini
O era un pretesto per crearla, così può nascere Prova d’ orchestra che è uno dei prodigi di Fellini più dimenticati, un film di genio e di profezia che concepisce la musica come l’ ultima Babele perduta: il linguaggio astratto per eccellenza, universale per eccellenza quanto non lo sarà mai la parola divisa in migliaia di idiomi, si frantuma per colpa dei suonatori / uomini. Fellini simula di girare un documentario su un oratorio duecentesco dove passarono i più grandi direttori d’ orchestra, ma la forma dell’ intervista diventa il pretesto per registrare l’ ibridazione dell’ orchestra che sta provando e del suo direttore d’ orchestra. Ogni orchestrale è un ritratto condensato in una o poche scene, in cui Fellini concede a ciascun musicista il feticismo per il proprio strumento e subito dopo disegna le perversioni di un uomo / donna che lo suona, le sue nevrosi e le sue debolezze. Niente a che vedere con i documentari, niente agiografia o messa in posa, nessun privilegio a chi è intervistato se non quello della confessione o dell’ esibizione umanissima del ridicolo, compreso lo scompiglio per la presenza della tv perché queste interviste sono gratuite e non autorizzate dal sindacato, ma infine ognuno diventa esibizionista. Fellini si sposta su questi sconosciuti, e nel caos dominante tra i membri dell’ umanità / società / orchestra la metafora e il film crescono sempre più. Potenzialmente un film tv italiano del 1979 si sarebbe concluso a questo punto, superando il confine canonico documentario-fiction e interpretando anche la realtà musicale come caos. Per Fellini però la metafora diventa un paradiso perduto molto più grandioso, irrecuperabile. Ed è stupefacente pensare al risultato finito: in meno di settanta minuti, un piccolo documentario pensato per la tv diventa prima una cronaca surreale, poi sconfina nel politico, nel sociale, nell’ apocalittico e in un film sull’ arte. Nessuno, neanche Orson Welles, sarebbe arrivato a ripensare con tanta intuizione un’ idea metaforica, a riformulare ciò che è nato per essere nelle dimensioni un quadrettino decorativo e permearci dentro ciò che soltanto un’ immensa parete o un
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