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LA PUBBLICITÀ E I COMPORTAMENTI ALIMENTARI DEI RAGAZZI
capace ognuno di pensare “autonomamente” senza ritenere di essere stato manipolato. Per farlo negli spot italiani si fa riferimento soprattutto all’ambiente e alla scenografia e agli adulti che propongono il cibo con un atteggiamento che a differenza della media europea, si fonda più su valori estetici che su quelli del potere o della conoscenza. Da noi più che altrove è l’atteggiamento edonistico dei protagonisti che induce a mangiare. In Europa gli adulti invece sono prevalentemente mossi dalla loro autorevolezza e dal loro potere. I bambini italiani raccontati negli spot sono vivaci, ed hanno per lo più tra i 4 e gli 8 anni. La loro funzione è quella di evocare affettività e il ruolo che assumono rispetto al prodotto è quello di far credere che mangiando “quel” qualche cosa si possa cambiare, si possa raggiungere rapidamente la felicità, in quanto stato d’animo, più che la salute e la forza fisica. In più della metà degli spot non ci sono rapporti familiari, ma quando questi esistono il modello prevalente è quello dei genitori con i figli, rappresentando la famiglia media, la quale si esprime in attività quotidiane e definisce un ambiente in funzione della felicità che si può raggiungere mangiando. In un terzo dei casi esaminati la scena si svolge tra ragazzi, in un momento ludico. Gli adulti quando non sono genitori sono comunque amici ed hanno un atteggiamento complice verso i giovani. Le storie sono tutte brevissime, durano meno di 30 secondi e si svolgono prevalentemente a casa (37%) poco nella natura (12%) e ancora meno nel mondo immaginario del fantastico fiabesco (9%). C’è di più, i bambini italiani sono tra i più bersagliati dagli spot alimentari dell’Unione Europea. Sono secondi soltanto ai polacchi e agli spagnoli. Le inserzioni delle reti private sono il triplo di quelle della tv pubblica: si mangia molto di più nelle reti commerciali e si induce all’acquisto in modo costante e strutturale. Se si considera che in Norvegia, Svezia e Gran Bretagna le reti pubbliche non trasmettono negli orari pomeridiani inserzioni pubblicitarie e quindi i bambini inglesi, norvegesi e svedesi non sono sottoposti ad interruzioni durante la fascia protetta, il paragone con l’Italia è ancora più stridente. Sebbene ciò riguardi solo le reti di Stato, tuttavia questo orientamento mette in evidenza in Europa una netta differenziazione di tutela nei confronti dei più giovani, considerati consumatori soltanto dalle reti commerciali. Il caso francese in cui la programmazione pubblica di spot è quasi analoga a quella privata (rispettivamente 47,1% e 52,9%) ha una peculiarità tutta “pubblica”: le campagne informative per imparare a mangiare in modo equilibrato e sano sono state considerate come inserzioni anche se si tratta di insegnamenti pedagogici. Salta all’occhio l’attenzione greca nei confronti dei bambini, solo il 9,8% delle inserzioni alimentari pomeridiane è presente nella rete pubblica contro il 90,2% della TV privata. Ad ulteriore conferma di attenzione/disattenzione è anche il posizionamento dello spot. Ad interrompere i programmi dei bambini proponendogli qualcosa da mangiare ci pensano soprattutto gli spagnoli (90,6%), i greci della tv privata (82,1%) e gli italiani della rete commerciale (69,4%). L’affollamento pubblicitario nei programmi pomeridiani è giustificato anche in funzione del fatto che in Norvegia, Svezia, Portogallo e Polonia, nel cento per cento dei casi si tratta di programmazioni rivolte ad un pubblico adulto e perciò stesso “interrompibile”. Il target infantile e giovanile delle pubblicità analizzate è ovunque notevolmente inferiore a quello adulto. In Svezia il 100% delle pubblicità alimentari è rivolto ai grandi e ciò in correlazione con due probabili spiegazioni: la prima è che solo gli adulti comprano e che solo i grandi si sentono pacificati nel loro senso di colpa per l’assenza da casa con l’acquisto di qualcosa che riempiendo lo stomaco allude alla pienezza della vita, ma anche
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