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IN BOCCA AL LUPO
Gli spot di alimenti ricchi di zuccheri, grassi e sali sono parte assai consistente delle pubblicità alimentari. In Italia, circa il 36% di pubblicità promuove prodotti con consistenti calorie, come dolci e merendine, snack dolci o salati e catene di fast food, cioè hamburger, patatine fritte e bevande gassate. Nessuna di queste pubblicità ovviamente avverte di consumare i prodotti con moderazione. Rispetto agli altri paesi europei, l’Italia primeggia nelle pubblicità di pasta, pani e cereali, in particolare di dolci, torte e pasticceria, mentre ha percentuali inferiori di spot dedicati ai latticini, in particolare yogurt e bevande a base di latte. Un dato critico che emerge dall’analisi è che i prodotti ipercalorici, pensati in gran parte per il fuori pasto, sono prevalentemente rivolti a un pubblico giovane. In Italia, questo è il caso delle pubblicità di fast food, sempre rivolte a un pubblico di ragazzi, delle pubblicità di snack dolci o salati, rivolte a giovani nel 75% delle pubblicità di dolci e merendine, rivolte a giovani nel 43%. Bambini e adolescenti sono quindi il target privilegiato dei prodotti ad alto potere calorico, inoltre sono pochissimo investiti della necessaria moderazione da assumere nei loro confronti. Non esistono praticamente nel nostro paese pubblicità di educazione alimentare. Le pubblicità di prodotti adatti a diete sane e bilanciate sono poco frequenti. Fra queste, ad esempio, le pubblicità di verdure in Italia non superano il 10% degli spot alimentari. Solo le promozioni di yogurt e cereali sono spesso associate a una comunicazione che sottolinea gli effetti benefici e salutari; nel caso dei cereali per la prima colazione, è però opportuno ricordare che esistono diverse pubblicità di cereali arricchiti di zuccheri o cioccolata, che modificano le qualità nutrizionali dei prodotti aumentandone le calorie e che seducono invogliando all’acquisto. Nel circuito pubblicitario, quindi, i prodotti consigliati a bambini per una dieta equilibrata non riescono a controbilanciare la quantità di prodotti inadeguati per un’alimentazione corretta. Campagne sociali per una corretta alimentazione e contro l’obesità infantile esistono in diversi paesi europei e denunciano l’impegno non solo istituzionale, scolastico o sanitario, ma anche una presa di coscienza da condividere nel motivare diverse abitudini alimentari. L’Italia è esclusa da questa pratica e da questa motivazione pubblicitaria, nonostante le campagne educative compiute dalla presidenza del Consiglio e dalle Associazioni private come Pubblicità Progresso.7 L’idea di usare la pubblicità stessa per insegnare a mangiar bene è una pratica educativa rilevata con spot di diversa natura, in Spagna, Gran Bretagna, Polonia e Portogallo. La particolarità tutta francese è quella di aver adottato di recente un provvedimento che impone a tutti gli spot alimentari televisivi di inserire una scritta in sovrimpressione che richiami l’attenzione dei telespettatori verso una dieta bilanciata e l’utilità del esercizio fisico. Non è ancora dato sapere quanto e in che misura queste inserzioni educative, avranno un ruolo di indirizzo e di contenimento nei confronti dei ragazzi perché nessuna indagine ne ha valutato gli effetti nel breve e lungo termine, tuttavia appare evidente che se l’induzione al cibo ipercalorico produce di fatto un maggior consumo di esso, non c’è ragione di non credere che una campagna educativa non abbia un impatto analogo almeno a livello di un ripensamento, di una riflessione o anche di una conoscenza non impositiva di altre possibilità. Le iniziative di questo genere suscitano molto interesse ed è opportuno rimarcare che non sono state ancora recepite in Italia.
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