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LA PUBBLICITÀ E I COMPORTAMENTI ALIMENTARI DEI RAGAZZI
che esercitano nei confronti dei ragazzi europei, ma anche attraverso un cibo che uguale ovunque, li fa sentire a casa (828 spot). E’ molto significativa la differenza quantitativa di spot alimentari con gli altri paesi quali la Svezia che conta solo 58 spot in due settimane! Un bambino svedese in fondo è interrotto solo 4 volte al giorno, mentre guarda la tv! I ragazzini olandesi (212 spot) sono interrotti più spesso con l’induzione alimentare, 15 volte non è poco durante un pomeriggio. In Norvegia (228 spot) la quantità di spot alimentari è praticamente analoga a quella olandese. Ciò che si evince dal complesso dell’analisi è che, nonostante le grandi differenze fra paesi, il tema delle pubblicità alimentari e il ruolo svolto nell’educazione alimentare è materia di preoccupazione in tutta Europa. L’affollamento di spot alimentari è molto eterogeneo nelle reti televisive che abbiamo preso in considerazione, perché ovunque esistono restrizioni pubblicitarie per le televisioni pubbliche finanziate con il canone o comunque di stato e naturalmente diverse dalla logica che anima e sostiene le tv commerciali che fondano la loro economia sull’introito pubblicitario. Per queste argomentazioni rimandiamo alla nota normativa che esplicita, comparandole, le diverse legislazioni in materia.6 Le reti pubbliche analizzate hanno infatti trasmesso meno spot alimentari, come conseguenza del minore affollamento pubblicitario; tuttavia, anche fra le emittenti pubbliche europee esistono importanti differenze. In Italia, le reti Mediaset hanno trasmesso 971 spot contro i 286 della Rai; le reti pubbliche hanno quindi messo in onda meno di un terzo delle pubblicità alimentari trasmesse dal network privato. Confrontando le reti pubbliche campionate a livello europeo, emergono politiche di rete radicalmente divergenti: le reti pubbliche in Svezia (STV), Norvegia (NRK) e Gran Bretagna (BBC) non vendono inserzioni pubblicitarie, quindi nessun programma pomeridiano viene interrotto ed i bambini svedesi, norvegesi ed inglesi, di fronte ai programmi delle reti di Stato, non subiscono induzioni all’acquisto di nessun genere. Il caso italiano è ben diverso perché Rai 1 ha trasmesso 176 spot alimentari, nel periodo che abbiamo considerato, in fondo il pomeriggio della fascia protetta è “rimpinzato” solo di 13 spot meno solamente della rete pubblica spagnola TVE1 (416) e polacca TVP1 (369 spot). Tutto ciò anche se i dati complessivi mettono in evidenza che solo il 34% degli spot analizzati si rivolge a giovani consumatori. Ma la salienza con cui i bambini e i ragazzi sono presenti mette in risalto la loro presenza qualitativa più di quanto non accade quantitativamente. Il contesto “casalingo” è il più frequentemente utilizzato dalle pubblicità che promuovono alimenti perché quando in televisione si accenna al cibo di fatto si evoca la casa in tutta la semplice sicurezza che questa comporta. La casa si propone come luogo ideale di consumo e come rassicurante garanzia sulla bontà del prodotto. La tendenza a utilizzare la casa come ambientazione prevalente è soprattutto frequente in Italia (37% di spot), ma è anche presente negli altri paesi europei. Altri contesti molto utilizzati per vendere alimenti sono quello “naturale”, quello “urbano” e quello “fantastico o fiabesco”. Il contesto naturale amplifica l’immagine di qualità del prodotto, in particolare in relazione alle materie prime utilizzate, mentre il contesto urbano pone l’accento pubblicitario sulla semplicità di consumo al di fuori delle mura domestiche. Il contesto fantastico o fiabesco è particolarmente efficace per stimolare la fantasia dei bambini. L’elemento che accomuna tutte le ambientazioni pubblicitarie e che quindi costituisce una costante è la dose di tranquillità e sicurezza di ogni ambiente, ove l e dimensioni di rischio (alimentare) sono sempre escluse.
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